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Una recentissima Ordinanza della Corte di Cassazione sez. I e precisamente la 145 del 4 gennaio 2023, oltre a proseguire nel solco tracciato dalla nota sentenza delle Sezioni Unite n. 19.597 del 2020 che prendendo le mosse dall’Ordinanza della Cass. sez. III 27442/1918, sanciva che “la disciplina anti usura … si applica anche agli interessi moratori” (su cui si veda in questo stesso sito: BREVI CONSIDERAZIONI SUL CALCOLO DEGLI INTERESSI DI MORA NELL’USURA BANCARIA) ricorda e ribadisce l’esistenza di un particolare diritto riservato ai soli consumatori: Il consumatore ha però anche il diritto di domandare la nullità della clausola relativa agli interessi di mora, in quanto vessatoria, nulla dovendo in tal caso a titolo di interessi moratori in quanto la stessa viola gli articoli 33 e 36 codice del Consumo”.

Non solo, ma tale diritto può essere fatto valere anche in costanza di rapporto (mentre non è possibile farlo quando sia esaurito e non siano stati applicati detti interessi moratori) in quanto risponde d esigenze di certezza del diritto.

Vediamo che cosa dice esattamente l’Ordinanza: “nei contratti conclusi con i consumatori è altresì applicabile la tutela prevista dal D.Lgs. n. 206 del 2005, art. 33, comma 2, lett. f) e art. 36, comma 1, (codice del consumo), essendo rimessa all’interessato la scelta di far valere l’uno o l’altro rimedio. 3.- Sebbene, inoltre, nel caso in esame il rapporto sia in corso e non si sia prodotta mora, comunque sussiste l’interesse ad agire per sentire accertare la nullità della clausola relativa alla pattuizione degli interessi moratori. Le Sezioni Unite di questa Corte (con la sentenza sopra indicata) hanno difatti chiarito che l’interesse ad agire in relazione ad una clausola reputata in tesi nulla o inefficace sussiste sin dalla pattuizione di essa, perché risponde a un bisogno di certezza del diritto che le convenzioni negoziali siano accertate come valide ed efficaci, oppure no (a differenza del caso in cui l’azione sia stata proposta in esito all’integrale adempimento del contratto, e  dunque al cospetto della definitiva mancanza di mora, ipotesi in cui va esclusa la sussistenza dell’interesse ad agire: Cass. n. 1818/21).

Si tratta  di un diritto che spetta al solo consumatore – risparmiatore – che configura una c. d. nullità di “protezione” e spetta SOLO allo stesso decidere se agire avvalendosi della normativa ordinaria ed in specie degli art. 644 c. p. e 1815 II comma c. c. o della normativa speciale prevista nel c. d. Codice del Consumo (d. Lgs. 206 del 2005 e successive modifiche).

Ma vediamo che cosa dicono gli articoli 33 e 36 del suddetto codice e citati dalla Suprema Corte:

art. 33: “Clausole vessatorie nel contratto tra professionista e consumatore

  1. Nel contratto concluso tra il consumatore ed il professionista si considerano vessatorie le clausole che, malgrado la buona fede, determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto.
    2. Si presumono vessatorie fino a prova contraria le clausole che hanno per oggetto, o per effetto, di:
    a) escludere o limitare la responsabilità del professionista in caso di morte o danno alla persona del consumatore, risultante da un fatto o da un’omissione del professionista (1);
    b) escludere o limitare le azioni o i diritti del consumatore nei confronti del professionista o di un’altra parte in caso di inadempimento totale o parziale o di adempimento inesatto da parte del professionista;
    c) escludere o limitare l’opportunità da parte del consumatore della compensazione di un debito nei confronti del professionista con un credito vantato nei confronti di quest’ultimo;
    d) prevedere un impegno definitivo del consumatore mentre l’esecuzione della prestazione del professionista è subordinata ad una condizione il cui adempimento dipende unicamente dalla sua volontà;
    e) consentire al professionista di trattenere una somma di denaro versata dal consumatore se quest’ultimo non conclude il contratto o recede da esso, senza prevedere il diritto del consumatore di esigere dal professionista il doppio della somma corrisposta se è quest’ultimo a non concludere il contratto oppure a recedere;
    f) imporre al consumatore, in caso di inadempimento o di ritardo nell’adempimento, il pagamento di una somma di denaro a titolo di risarcimento, clausola penale o altro titolo equivalente d’importo manifestamente eccessivo;”

Nel caso in esame rilevano le parti scritte in grassetto e, in specie il II comma lettera F)

Veniamo all’articolo 36: “Nullita’ di protezione

  1. Le clausole considerate vessatorie ai sensi degli articoli 33 e 34 sono nulle mentre il contratto rimane valido per il resto. ”

Il commento non può che essere positivo: un’atra volta gli Ermellini hanno ribadito i peculiari diritti che spettano al consumatore – risparmiatore.

Del resto la recentissima Ordinanza non fa che ribadire la precedente Giurisprudenza della Cassazione ed, in specie della Cassazione a Sezioni Unite n. 19.597 del 2020 che sanciva: “nei contratti conclusi con un consumatore, è dato anche il ricorso all’art. 33, comma 2, lett. “f” e art. 36, comma 1 codice del consumo, di cui al D.Lgs. n. 206 del 2005;  omissis (e)

            L’interesse ad agire in relazione ad una clausola reputata in tesi nulla o inefficace sussiste sin dalla pattuizione della medesima, in quanto risponde ad un bisogno di certezza del diritto che le convenzioni negoziali siano accertate come valide ed efficaci, oppur no. Ciò perché (cfr., fra le altre, Cass. 31 luglio 2015, n. 16262) l’interesse ad agire in un’azione di mero accertamento non implica necessariamente l’attualità della lesione di un diritto, essendo sufficiente uno stato di incertezza oggettiva”.

Trieste, 22 marzo 2023

Avv. Augusto Truzzi