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La giornata di ieri è stata estremamente indicativa di quale sia la situazione nel conflitto in corso in Ucraina. Non tanto sul terreno, dove sappiamo che la situazione militare è in larga parte bloccata in attesa di un’offensiva generale russa nel Donbass, quanto sul piano diplomatico. Ieri sono stati pubblicati i risultati della visita di Guterres a Mosca mentre aveva luogo quella a Kyiv.

Guterres è il Segretario Generale dell’ONU: lo si potrebbe definire il diplomatico più importante del mondo, almeno formalmente, in quanto rappresenta e dirige l’unica organizzazione mondiale riconosciuta. Il suo potere è quasi esclusivamente formale e rappresentativo, ma rimane l’unico la cui autorità abbia valore globale.

 

Dall’inizio della crisi, esattamente due mesi fa, ci si è chiesti dove fosse finita la diplomazia e perché non ci fosse nessun evidente sforzo diplomatico in atto per porre fine al conflitto o perlomeno per flemmatizzarne gli effetti. Ci sono diverse concause per questo, ma il motivo principale è che le diplomazie mondiali sono ben consapevoli che non esistano veri sbocchi diplomatici per ottenere un risultato pratico, e siccome una mediazione che non ha successo in diplomazia rappresenta un fallimento peggiore di un mancato tentativo in quanto “brucia” il mediatore, nessuno ci si è impegnato seriamente. L’unico parziale tentativo è stato quello della Turchia, che però più che mediare si è limitata ad offrire una sede geograficamente conveniente per i contatti diplomatici fra le parti in lotta.

 

Nelle ultime quarantotto ore per la prima volta si è mossa la diplomazia ad alto livello, con le Nazioni Unite finalmente in campo, quindi finalmente adesso abbiamo modo di analizzare un evento diplomatico significativo.

E l’esito di questo primo, esitante tentativo non è affatto promettente.

 

A Mosca, Putin ha raggelato Guterres. Lo ha fatto aspettare, non gli ha stretto la mano, lo ha tenuto a distanza attraverso il suo orrendo tavolone kitsch e in sostanza gli ha detto che se non ottiene tutto quello che vuole (riconoscimento della sovranità su Crimea e Donbass) non siederà neppure ad un tavolo di trattative.

L’atteggiamento dell’autocrate del Cremlino è stato tale che il Segretario Generale dell’ONU, lasciando Mosca, ha affermato che ci si può sedere intorno ad un tavolo e discutere finché si vuole, ma la guerra finirà solo se Putin vuole che finisca.

E questa è solo la tragica conferma di quello che sapevamo già da due mesi almeno.

 

A Kyiv l’accoglienza da parte ucraina è stata più urbana, ma ugualmente fredda: Zelensky aveva già detto chiaramente che non essendo stata coordinata preventivamente, la visita di Guterres a Mosca era un’iniziativa sua e che non poteva parlare in nessun modo per l’Ucraina. La posizione della leadership ucraina è chiara: si deve tornare alle posizioni del 24 febbraio, e poi si potrà trattare. Altrimenti si continua a combattere.

La già fredda sensazione di un semplice dialogo fra sordi è stata ulteriormente gelata da un violento bombardamento missilistico di Kyiv nel bel mezzo della visita di Guterres; era più di una settimana che la capitale non veniva colpita dai missili russi. Ora, normalmente si evita di colpire una capitale in guerra quando è in corso una visita diplomatica ad alto livello; evidentemente Putin ha mandato un messaggio piuttosto netto: il suo rispetto per il Segretario Generale dell’ONU è zero, e il suo sforzo diplomatico non gli interessa.

 

Il disprezzo di Putin ricorda quello di Stalin per il papa: “Quante divisioni ha sotto il suo comando?” avrebbe chiesto quando qualcuno gli aveva parlato del suo sforzo diplomatico.

Il fatto è che fin dall’inizio Putin ha un solo interlocutore di sua scelta con il quale è disponibile ad interfacciarsi seriamente: il Presidente degli Stati Uniti, chiunque egli sia. Perché nella sua visione da XX Secolo il vero Potere a questo mondo risiede unicamente a Mosca e a Washington, e tutti gli altri sono solo loro marionette.

Putin fa un gran parlare contro la visione “unipolare” del mondo da parte occidentale, ma in realtà la sua visione non è affatto MULTIpolare: è BIpolare, con lui stesso in controllo del polo anti-occidentale. La consapevolezza di ciò fa sì che Xi Jinping gli faccia da sponda solo a parole, perché il leader cinese avverte con fastidio l’atteggiamento di Putin che si fa forte esclusivamente del suo arsenale nucleare pur essendo alla guida di un nano economico.

 

Dal canto suo Biden rifiuta di parlare con Putin proprio per privare l’avversario della sua strategia preferita e costringerlo ad un gioco diplomatico differente. Se accettasse di parlare direttamente con lui nella prospettiva bipolare tanto ambita da Putin, gli riconoscerebbe quella posizione di leadership a cui aspira e di cui l’autocrate farebbe un uso destabilizzante a livello planetario: “operazioni militari speciali” come quella in Ucraina diventerebbero una prassi riconosciuta e ripetibile, tanto da parte russa quanto da parte di altri – a partire dalla Cina con Taiwan. Il mondo diventerebbe un posto ancora più instabile e pericoloso.

 

In conclusione, qual è la situazione al termine del giro negoziale di Guterres?

La stessa di prima. Solo che adesso abbiamo la conferma ufficiale della situazione, come definita dalle dichiarazioni ufficiali dei protagonisti.

Putin ha rilanciato, dichiarando in maniera inequivocabile che senza il riconoscimento della sovranità russa sulla Crimea e la rinuncia completa dell’Ucraina sul Donbass non inizierà neppure a discutere e non accetterà un “cessate il fuoco”.

Zelensky ha affermato di non essere disposto a rinunciare ad un centimetro quadrato di territorio sovrano e di pretendere almeno il ritorno sulle posizioni pre-conflittuali per qualsiasi trattativa di pace.

Guterres ha convenuto come sostanzialmente qualsiasi trattativa diplomatica anche solo per ottenere un armistizio sia sostanzialmente inutile in quanto – poiché l’iniziativa militare è in mano russa – il conflitto cesserà esclusivamente quando Putin deciderà di porvi fine.

 

In sostanza Putin è stato chiaro: l’unico modo di far cessare i combattimenti, è una resa dell’Ucraina: la cessione di Crimea e Donbass alla Russia a seguito della sua aggressione militare.

L’Occidente riunito nel frattempo a Ramstein – scelta simbolica: si tratta della base aerea in Germania dove ha sede il Comando Operativo Aereo della NATO – ha a sua volta dichiarato che pur non intervenendo direttamente nel conflitto non accetterà in alcun modo la violazione della legalità internazionale in Europa e sosterrà l’integrità territoriale dell’Ucraina senza limiti di tempo o di mezzi. Spingendosi oltre, il rappresentante americano ha aggiunto che lo scopo dell’Occidente deve essere infliggere alla Russia una sconfitta militare tale da assicurare che un’aggressione come quella in atto non solo fallisca, ma non abbia neppure modo di ripetersi in futuro. In altri termini: la Russia non verrà messa in pericolo in quanto tale, ma le velleità espansionistiche del suo attuale padrone dovranno essere definitivamente annullate.

 

La posizione occidentale è tale da rendere l’opzione della resa ucraina non sostenibile a meno di un collasso politico del governo di Kyiv sotto la spinta militare russa.

Questo, a sua volta, conferma come nessuna delle due parti abbia interesse a negoziare un compromesso a questo punto. Quindi il conflitto è destinato a protrarsi…

 

Per quanto?

Sicuramente dovremo assistere alla conclusione dell’offensiva russa nel Donbass. Se questa porterà ad un risultato militare decisivo, e quindi al collasso politico di una delle due parti, la guerra finirà con la resa ucraina o con la rinuncia di Putin ai suoi obiettivi politici. Ma si tratta di due ipotesi assai improbabili.

Se il risultato sarà – come probabile – non decisivo, di fronte all’impraticabilità di un’escalation nucleare che non converrebbe a nessuno il conflitto proseguirà fino all’esaurimento della capacità offensiva di una delle due parti, e si concluderà dal punto di vista militare con un instabile “cessate il fuoco” lungo la linea di contatto raggiunta, quale che essa sia. Non si tratterà di una soluzione del conflitto, ma solo di una sospensione dei combattimenti dovuta allo sfinimento degli avversari.

Il mondo tirerà un sospiro di sollievo, ma sarà di fronte ad una nuova Guerra Fredda in Europa, che durerà finché durerà il regime dell’orso Vladimiro.