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Bene: proviamo a mettere un po’ d’ordine in quello che è successo nelle ultime ore, perché si tratta di eventi importanti; probabilmente uno di quei momenti nella storia in cui il corso di una guerra viene rovesciato in maniera irreversibile.

I russi hanno iniziato la guerra con una superiorità talmente schiacciante che hanno attaccato in maniera scomposta e irrazionale, come se si trattasse di una parata: hanno subito perdite spaventose nell’ambito delle Forze Speciali e aviotrasportate, e il loro morale è crollato per non risalire più. Il loro margine di superiorità si è eroso rapidamente, e le possibilità di vincere sono crollate già a fine marzo, quando il fronte si è consolidato mentre il loro potenziale continuava a calare e quello ucraino invece iniziava a risalire.
Per chi ha voglia di andare a controllare, l’ho già scritto a fine aprile.

Da quel momento il fattore decisivo sono state le sanzioni.
Si fa un gran discutere se le sanzioni facciano più male alla Russia o all’Europa: in realtà è evidente di come il danno di gran lunga maggiore sia per i russi, ma al netto della polemica politica, questo è irrilevante. Lo è, perché il vero obiettivo delle sanzioni non è tanto l’economia russa nel suo complesso, o la speranza che il suo deterioramento possa spingere Putin a trattare; il vero obiettivo delle sanzioni è il complesso militare-industriale russo, che è effettivamente bloccato.

Una guerra moderna ad alta intensità non si combatte tanto con le forze disponibili all’inizio del conflitto: quelle servono ad affrontare il primo mese; il vero potenziale di una Nazione si esprime con la mobilitazione di tutte le sue risorse demografiche e industriali e si misura nel tempo.
L’Ucraina ha mobilitato, e lo ha fatto con metodo e senza panico: una Nazione oltre i 40 milioni di abitanti può in teoria mandarne a combattere quattro milioni. L’Ucraina ha un obiettivo di un milione, quindi può permettersi di scegliere i più idonei e volenterosi e di addestrarli a sufficienza. La Russia NON ha mobilitato, all’inizio per presunzione di superiorità, e poi per calcolo politico; quindi NON ha un bacino di reclutamento neppure lontanamente paragonabile a quello ucraino, e non riesce neppure a compensare le perdite subite, così il suo potenziale umano cala invece di crescere di numero e in più si deteriora in quanto a qualità per caduta di morale e di addestramento.
L’Ucraina ha alle spalle il supporto economico e industriale dell’Occidente, così ha potuto compensare in larga parte le perdite di equipaggiamento ed ha in prospettiva la possibilità di accrescere i suoi mezzi sia nel numero che nella qualità. E la Russia?

La Russia ha l’intero apparato militare-industriale “incriccato” dalle sanzioni: mancano pezzi fondamentali come i cuscinetti a sfere e i microchips, il personale tecnico emigra in massa, le risorse finanziarie evaporano, le scorte di magazzino si sono già esaurite… La Russia non produce più aerei o carri armati, ma solo armamenti leggeri. È ridotta ad importare droni dall’Iran e munizionamento dalla Corea del Nord, e a mettere in campo equipaggiamenti obsoleti e malandati. Numero e soprattutto qualità dei suoi mezzi da combattimento sono in caduta libera. È QUESTO il vero scopo delle sanzioni.

Per fare un’analogia: è come se un energumeno avesse aggredito un giovane nerd, i due fossero caduti nel fiume e adesso si stessero azzuffando sott’acqua. L’energumeno è immensamente più forte ma è anche più pesante e impigliato nei suoi abiti… Mentre il giovane nerd ha un respiratore. Il ragazzo ha tenuto duro quanto basta, e adesso mentre lui respira benissimo, all’energumeno manca l’ossigeno.
Chi vincerà?

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Nella battaglia di Izyum stiamo assistendo ad un classico attacco effettuato contro un nemico male organizzato in difesa. Gli ucraini hanno effettuato un’ottima ricognizione strategica prima e tattica dopo, pianificando di conseguenza, e hanno attaccato di sorpresa. Le Unità corazzate hanno sfondato rapidamente, scavalcando le difese e proseguendo in profondità lasciandosi indietro i nemici isolati per raggiungere gli obiettivi assegnati: ponti, snodi ferroviari, depositi nemici. Laddove hanno incontrato resistenza organizzata, l’hanno travolta se possibile oppure semplicemente l’hanno evitata aggirandola.
Alle loro spalle si muovevano le Unità meccanizzate di fanteria, che procedevano a circondare e distruggere le forze nemiche rimaste isolate, e poi stabilivano dove necessario un fronte difensivo per parare eventuali contrattacchi.
Contrattacchi russi però ce ne sono stati pochissimi, e a livelli minimi, perché le riserve russe erano tutte a mille chilometri di distanza, sulla strada per Kherson.

L’avanzata ucraina ha come unico limite non tanto la resistenza russa, che si è disintegrata, quanto la sua capacità logistica e l’entità delle proprie riserve, che occorrono per consolidare il fronte. In sostanza non possono permettersi di avanzare troppo per non compromettere il successo ottenuto, però possono tranquillamente scegliere le proprie linee di arresto e farle corrispondere a posizioni forti del terreno, dove consolidarsi in vista dell’inverno.
Nel frattempo però, oltre a raggiungere una serie di obiettivi tattici che in sostanza precludono ai russi – anche in caso riuscissero a raggrupparsi per una nuova offensiva – ogni possibilità di attaccare Kramatorsk (che ricordiamo essere per i russi l’obiettivo fondamentale per conquistare il Donbass), gli ucraini hanno circondato un nucleo importante di forze russe a Izyum. Si tratta di una parte consistente della 1^ Armata Corazzata della Guardia, inclusa la 2^ Divisione Fucilieri Motorizzati “Tamanskaya”, che è da sempre l’unità di guardia della città di Mosca. La neutralizzazione di tale raggruppamento di forze non è un semplice successo tattico, ma ha valenza operativa e forse strategica per l’impatto che sicuramente avrà sulle operazioni future dei russi, sul loro potenziale logistico, e soprattutto sul loro morale.

La battaglia di Izyum si concluderà con la cattura di queste forze e con il consolidamento degli ucraini lungo nuove, solide posizioni difensive; ma intanto proseguono le operazioni offensive non solo a Kherson – dove sono volte sostanzialmente a tenere ingaggiate le riserve russe – ma anche a Lyman, nel settore nord del Donbass, poco più a est di Izyum, dove i giochi sono ancora aperti e il ciclo operativo ucraino potrebbe portare a nuovi risultati clamorosi in base all’entità delle forze disponibili: se esistesse ancora una riserva alla mano per proseguire in profondità, la via del Luhansk settentrionale sarebbe aperta…

Probabilmente non ci saranno molte forze disponibili e gli ucraini si assesteranno presto anche lì, ma una cosa è certa: il giovane nerd ha smesso di limitarsi a trattenere l’energumeno sott’acqua, e gli ha sferrato un pugno nello stomaco. Il pugno non basterà a stenderlo, ma potrebbe costringerlo ad aprire la bocca e ad ingoiare acqua…

È ancora presto per dire che effetti avrà questa sconfitta sull’orso Vladimiro, che ha ancora la sua pelle saldamente indosso. Ma di sconfitta si tratta, e non c’è modo di tenerla nascosta ad una popolazione e ad una nomenklatura che cominciano a porsi delle domande.

Orio Giorgio Stirpe