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Abbiamo visto nell’articolo precedente come da parte russa l’incessante pressione su Bakhmut abbia una sua logica, per quanto perversa: logorare il potenziale militare ucraino in modo da ridurne la capacità controffensiva, anche a costo di consumare il proprio.
Dal punto di vista di Gerasimov e di Surovikin, inoltre, il tritacarne di Bakhmut ha l’ulteriore vantaggio di dissanguare il Gruppo Wagner, che l’esercito regolare vede come il fumo negli occhi per la sua tendenza a risucchiare risorse vitali in termini di mezzi da combattimento e rifornimenti logistici; lo stesso Wagner e il suo padrone Prigozhin a loro volta vedono l’opportunità di accrescere il proprio prestigio e il prezzo da pagare è considerato adeguato…
Ma dal punto di vista ucraino?

Se possibile, qui le cose si fanno ancora più complesse, e se vogliamo anche più ciniche.
Come abbiamo visto, l’abitato di Bakhmut in sé – peraltro distrutto – ha un valore minimo; si trova su un corridoio che in ultima analisi conduce all’obbiettivo fondamentale di Kramatorsk, ma non ne rappresenta in alcun modo la chiave: è solamente una delle molte tappe del percorso, che alle sue spalle presenta una catena di colline con un valore impeditivo assai maggiore.
Questo significa che gli ucraini potrebbero benissimo ripiegare di un paio di chilometri ed attestarsi in una posizione più sicura a difesa delle colline fortificate. Perché non lo fanno?

Ricordiamo la situazione: gli ucraini hanno l’iniziativa a livello operativo, la curva del Momentum è a loro favore e godono di una superiorità numerica piuttosto netta in termini di personale su tutto il fronte. Di contro i russi, pur accrescendo il numero dei loro soldati attraverso la mobilitazione, non hanno la capacità logistica di sostenerne in combattimento più di duecentomila per volta, il che li pone in un rapporto di 2,5:1, che a meno di condizioni estremamente favorevoli difficilmente ottenibili in altri settori (superiorità aerea, dominio tecnologico, addestramento e morale superiori…) preclude loro la possibilità di riprendere con successo l’iniziativa.
In questa situazione, gli ucraini che la detengono possono scegliere: non solo come, dove e quando attaccare, ma anche se difendersi o meno in un’area specifica dove hanno scelto di NON sfruttare la propria superiorità numerica. Detto più chiaramente: se Zalizhny lo volesse, potrebbe spostare abbastanza riserve a Bakhmut da bloccare ogni possibilità russa di proseguire l’attacco.
Perché non lo fa?

Se gli ucraini hanno tanto l’opzione di ripiegare che quella di consolidarsi e le scartano entrambe, vuol dire che PER IL MOMENTO a loro va bene così.
In quanto osservatori esterni con accesso alle sole informazioni di fonte aperta, noi non disponiamo di dati numerici precisi sulle perdite in combattimento, ma dobbiamo supporre che il Comando ucraino li abbia e sia in grado di interpretarli: almeno finora, il loro giudizio militare si è rivelato professionalmente più che adeguato e del tutto aderente alla situazione, ed ha portato a risultati decisamente positivi; quindi è lecito assumere che sia così anche in questo caso.
Se quindi gli ucraini hanno le loro buone ragioni di continuare a subire la pressione russa su Bakhmut, se ne deduce che il rateo di perdite per attrito in tale settore sia considerato complessivamente favorevole per l’Ucraina.
Non può esserci altra spiegazione.

Considerato che le perdite ucraine sono sensibili anch’esse nella battaglia, significa che quelle russe devono essere considerevolmente superiori.
Quale sarà tale rapporto? Se il rapporto di forze complessivo è uguale o superiore a 2,5:1 – forse più vicino a 3:1 – a favore degli ucraini, per rendere il rateo di perdite per attrito conveniente bisogna che questo sia decisamente superiore.
Considerato che il normale rapporto di perdite in un assalto frontale contro posizioni fortificate è normalmente almeno di 4:1 e che gli ucraini chiaramente non demordono dalla situazione attuale, è quindi perfettamente ragionevole aspettarsi un rateo di attrito come minimo di 4:1, e probabilmente anche superiore.

Occorre aggiungere che parlando di “perdite” si considera l’insieme di caduti, feriti, prigionieri e dispersi. I dispersi e i prigionieri tendono ad essere più elevati per la parte con il morale più basso e sono irrecuperabili quanto i caduti, mentre i feriti tendono ad essere più numerosi fra i difensori fintanto che questi rimangono padroni del campo di battaglia (perché è più facile ospedalizzarli), e questo aumenta ulteriormente il vantaggio per gli ucraini che possono contare su un rapporto feriti/morti più vantaggioso e recuperare almeno parte delle perdite subite.
Come avevo premesso: un ragionamento estremamente cinico. La conclusione però rimane la stessa: il tritacarne di Bakhmut è considerato dagli ucraini vantaggioso e pertanto lo sostengono al livello attuale.

Un’ulteriore considerazione che si può trarre dalla situazione è che evidentemente Zaluzhny considera il tritacarne vantaggioso pur sapendo che la maggior parte delle vittime russe sono membri del Gruppo Wagner – in particolare carcerati costretti a combattere – e non soldati dell’esercito regolare. Questo significa che la pericolosità del Wagner è stimata come superiore a quella dell’esercito regolare e che perfino sterminare la sua componente meno valida è una priorità: si tratta di un’ulteriore conferma della nostra valutazione circa la mancanza di capacità offensiva residua dell’esercito regolare, al momento ormai relegato a compiti esclusivamente difensivi.

Esiste infine un altro punto da menzionare: l’ossessione di Putin per i nomi simbolici. Ormai Bakhmut ha assunto tale ruolo politicamente rilevante a causa della riconosciuta notorietà del suo nome. Probabilmente Zaluzhny ritiene che lasciare l’abitato ai russi potrebbe soddisfare il requisito politico di Putin e Prigozhin, e portare ad un esaurimento dell’offensiva: i russi potrebbero non investire le colline retrostanti dal nome sconosciuto, e l’attrito favorevole all’Ucraina cesserebbe.

In conclusione: ci possiamo aspettare che il tritacarne di Bakhmut prosegua almeno nel breve termine, aumentando l’attrito reciproco fra le opposte fazioni. La battaglia terminerà nel momento in cui i russi – in particolare i Wagner – esauriranno le risorse locali (e quindi i carcerati da mandare al macello), oppure quando gli ucraini stimeranno di non avere più convenienza ad alimentare l’attrito e decideranno di arretrare sulla linea difensiva principale posta sulle colline retrostanti.

Naturalmente esiste anche un aspetto mediatico e propagandistico: non ribadiremo mai abbastanza come il sostegno occidentale sia fondamentale per la controffensiva ucraina della prossima estate. Al Governo ucraino fa comodo poter evidenziare come, a dispetto del Momentum favorevole di cui gode l’Ucraina e dell’acquisita iniziativa, la Russia si mantenga aggressiva e insista nei suoi tentativi di conquista militare. Se la spinta offensiva russa si esaurisse completamente, potrebbe essere più difficile mantenere alta l’attenzione mediatica in Occidente e quindi il supporto pubblico alla politica di supporto a Kyiv da parte dei Governi: IN QUESTO SENSO, tanto la caparbia offensiva su Bakhmut che i bombardamenti sull’infrastruttura civile fanno molto più il gioco di Zelensky che quello di Putin.

In questo schema di guerra informativa si colloca anche l’eterna vicenda della Bielorussia. Come abbiamo ribadito innumerevoli volte su queste pagine, una rinnovata offensiva russa da nord verso Kyiv è estremamente improbabile per innumerevoli ragioni militari e l’intervento diretto bielorusso è virtualmente impossibile per un ulteriore numero di ragioni politiche.
Eppure non solo il Cremlino continua a fare di tutto per ventilare tale possibile offensiva, ma gli stessi ucraini l’hanno recentemente evidenziata come una possibilità reale, anche se non immediata.
Di nuovo, la ragione di ciò risiede nella necessità per l’Ucraina di mantenere alta la tensione mediatica in Occidente, per alimentare la volontà di fornire aiuti militari ed evitare che di fronte all’evidenza del completo fallimento militare russo possa crescere soprattutto in Europa la tentazione di dichiarare il “missione compiuta”. Perché se questo avvenisse, e gli invii di armamenti cessassero, la guerra si impantanerebbe e l’orso Vladimiro, pur militarmente battuto, riuscirebbe a mantenere fra gli artigli il frutto della sua aggressione – per quanto magro e avvizzito a fronte del costo pagato per ottenerlo.

Orio Giorgio Stirpe