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La situazione tattica lungo la sponda occidentale del Donec settentrionale, nel tratto inguadabile e fino alla frontiera russa, continua a svilupparsi in maniera sempre più favorevole alle forze ucraine. Interi BTG russi schiacciati contro il fiume sono stati distrutti nel tentativo di ripiegare sulla sponda orientale, mentre l’artiglieria ucraina ha cominciato a battere con precisione bersagli tattici all’interno del territorio russo. Ancora più grave, dalle posizioni conquistate adesso gli ucraini possono interdire le linee di rifornimento che alimentano lo sforzo principale russo da Izyum verso Slaviansk e il centro di gravità di Kramatorsk.

Un simile risultato da parte ucraina non è solo figlio dell’inefficienza organizzativa russa e del sostegno militare occidentale. E’ prima di tutto il risultato di un esercito i cui soldati, equipaggiati e addestrati in misura appena sufficiente, dimostrano una motivazione al combattimento decisamente superiore a quella dei loro avversari. E’ questa disparità a fare la differenza, e sarà bene che i responsabili militari della NATO prendano debitamente conto di questa importante lezione.

Possiamo addestrare un soldato come un ninja, equipaggiarlo come un cyborg e fornirgli tutto il sostegno tattico e logistico possibile ed immaginabile; ma se lui non sarà sufficientemente motivato a mettere a repentaglio la vita per adempiere il proprio compito insieme ai suoi compagni, tutto l’investimento posto nel metterlo in campo sarà sprecato. Perché un soldato che non crede nella sua missione o che non è sorretto da una forte tensione etica nel perseguirla, non è un vero militare: è solo un mercenario, oppure un miliziano, che scende in campo per obbedire ad un ordine e non per sincera, intima e personale convinzione.

I soldati russi sono in gran parte professionisti che obbediscono agli ordini, assieme a molti coscritti demotivati che nemmeno sapevano di andare a combattere. I soldati ucraini invece sono quasi tutti soldati di leva che – piaccia o no – sentono di essere lì per difendere la loro patria. Inevitabilmente, i secondi sono di gran lunga più motivati a rischiare ed eventualmente a sacrificarsi in confronto ai primi. In mancanza di una soverchiante superiorità numerica o tecnologica, questa differenza motivazionale determina il risultato sul campo: perché gli ucraini avanzano sotto il fuoco, i russi no.

E’ interessante osservare l’impatto che ha la motivazione in guerra in confronto alla tecnologia, dopo aver assistito ai recenti eccessi della polizia americana. Cosa c’entra il caso George Floyd con i problemi russi in Ucraina? C’entra, perché in entrambi i casi vediamo il risultato di una tendenza sbagliata: quella di voler puntare sulla tecnologia e sul numero invece che sull’addestramento e sulla tensione etica. In America i poliziotti vengono dotati degli equipaggiamenti più avanzati, ma subiscono un addestramento di sole poche settimane prima di essere mandati in strada con le loro armi moderne, ad affrontare non solo criminali incalliti, ma anche cittadini in difficoltà: il risultato si vede, con un numero agghiacciante di vittime “collaterali”. Laddove un nostro carabiniere (o un “bobby” inglese, un “flik” francese o una Guardia Civil spagnola) preferisce farsi sparare addosso piuttosto che rischiare la vita di un innocente, il “Cop” americano nel dubbio spara per primo. Mancanza di tensione etica, e quindi di spirito di sacrificio oltre che di servizio.

I soldati russi sono stati mandati ad eseguire un compito senza alcuna preparazione morale: dovevano eseguirlo senza capire esattamente il perché, semplicemente perché gli veniva ordinato. Ma è difficile rischiare la vita senza un motivo ben chiaro. E’ più semplice nascondersi in un carro armato, possibilmente dietro un terrapieno, e sparare alla cieca con l’artiglieria senza guardare il nemico negli occhi… Magari per poi perdere i freni inibitori e in alcuni casi mettersi a sparare anche contro i civili, quasi per gioco.

I soldati ucraini difendono la loro terra e la loro gente: sono motivati come di più non si può essere, e rischiano senza pensarci troppo. Perché sentono dentro di sé che è la cosa giusta da fare.

Tensione etica, che assieme all’addestramento crea quella motivazione al combattimento che trasforma un uomo normale in un combattente. E’ su questo che più di ogni altro dovrà concentrarsi l’addestramento dei nostri soldati: perché il più avanzato dei sistemi d’arma non vale nemmeno la metà dell’uomo che l’impiega.

Così come nel caso della polizia in America, questo aspetto fondamentale viene spesso trascurato. Nella nostra moderna società tecnologica si tende a misurare le capacità nel modo più quantitativo possibile, e quando si parla di eserciti si tende a contare carri armati e aerei e a valutare la loro modernità come criterio esclusivo per calcolare la potenza militare di una Nazione. Ma se fosse così, l’Arabia Saudita sarebbe una delle massime potenza del mondo: eppure non riesce a sottomettere una tribù ribelle nel confinante Yemen. Per lo stesso motivo, l’Israele delle sue prime tre guerre non avrebbe mai potuto sopravvivere. E naturalmente, le strade d’America dovrebbero essere le più sicure del mondo.

Oggi gli stessi generali che a febbraio si sbracciavano ad assicurarci che “la Russia aveva già vinto” e che “l’Ucraina non aveva scampo e sostenerla serviva solo a far aumentare i morti”, limitandosi a fornire prestigio a quelli che erano unicamente luoghi comuni derivati appunto da un esame superficiale e quantitativo degli arsenali contrapposti, oggi guardano all’adesione alla NATO di Svezia e Finlandia e si sbracciano a compiacersi di quanto sia potente la Svezia, con i suoi aerei moderni e i suoi equipaggiamenti all’avanguardia.

Di nuovo, non è così. La Svezia è certamente dotata di armi moderne e in buon numero, ma soprattutto il suo esercito è prevalentemente di leva e tradizionalmente basato sul concetto della difesa territoriale. I suoi soldati al momento non hanno l’addestramento e nemmeno la mentalità per combattere all’estero, nemmeno per difendere alleati ai quali non sono abituati; avranno bisogno di tempo e di addestramento, anche se diverse unità hanno già partecipato come partner ad attività NATO. Mentre ero in Afghanistan una pattuglia svedese fu attaccata per la prima volta dai Talebani e riuscì a sganciarsi senza perdite… Subito Danesi e Norvegesi diedero un party per festeggiare i loro “cugini” che avevano combattuto per la prima volta dal 1814. Già: dalla penultima Coalizione contro Napoleone. Più di recente hanno partecipato a numerose missioni di “peacekeeping” senza mai dover combattere, e l’impegno più “caldo” in assoluto per ora è stato appunto in Afghanistan dove però avevano accordi speciali per evitare operazioni offensive.

Di contro la Finlandia si presenta come un alleato molto più efficace e pronto a contribuire fattivamente se necessario alla difesa comune. A differenza degli svedesi, hanno combattuto in entrambi i conflitti mondiali con riconosciuto valore e sono stati in elevato stato di prontezza per tutta la Guerra Fredda pur disponendo di un esercito più piccolo e meno bene armato dei vicini nordici. Anche loro hanno fatto esperienza come partner NATO, ma dimostrando sempre una professionalità molto superiore. Ricordo un collega finlandese che una volta si lasciò sfuggire una considerazione in merito: la Svezia aveva avuto in impero aggressivo fino al 1700… Fintanto che aveva avuto soldati finlandesi a disposizione; una volta perduta la Finlandia, la Svezia era diventata pacifica. Non so se le due cose siano effettivamente collegate, ma storicamente è proprio così.

Con questo non voglio sminuire troppo l’importanza dell’adesione di due grandi Nazioni europee all’Alleanza: è un evento strategicamente molto rilevante. Ma desidero insistere su quella che secondo me è la lezione militare più rilevante del conflitto in corso: gli aspetti umani e qualitativi della preparazione militare sono stati troppo a lungo negletti in confronto a quelli materiali e quantitativi. Per migliorare la nostra capacità non basta aumentare il bilancio della difesa: occorre anche e soprattutto recuperare la tensione etica di quadri e soldati.

Perché è questo che è mancato all’esercito dell’orso Vladimiro.