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Alle 20:59 del 27 giugno 1980, il volo di linea IH870 della compagnia aerea Itavia, partito
dall’aeroporto di Bologna-Borgo Panigale e diretto all’aeroporto di Palermo-Punta Raisi si
inabissava nel Tirreno meridionale, vicino Ustica: 81 vittime. Varie ipotesi sono state formulate
sulla causa dell’incidente (missile, perché il velivolo si sarebbe trovato sulla traiettoria di un
combattimento tra un caccia francese e un mig libico, ma anche cedimento strutturale). Il collegio
peritale nominato dal giudice istruttore titolare dell’inchiesta e che ha avuto come coordinatore il
prof. ing. Aurelio Misiti, è pervenuto alla conclusione che fu una bomba collocata nella toilette
dell’aereo, risultanza resa possibile dopo il recupero del relitto.
L’ing. Misiti ha illustrato su questo giornale chi faceva parte del collegio peritale e i motivi della
conclusione. Nei prossimi giorni le puntate di questa ricostruzione continueranno, come
documentazione di un fatto che ha segnato la storia dell’aviazione civile del nostro Paese. Intanto
a lui abbiamo posto alcune domande per precisare come si è giunti alla conclusione sulla possibile
causa dell’accaduto.
– Ing. Misiti, come è stata possibile la ricomposizione del velivolo?
“Il 27 aprile 1992, autorizzato dal giudice istruttore Priore, ho stipulato il contratto con la Wimpol
Limited inglese, società prescelta dal C.P. come più adatta compagnia che potesse procedere
all’esplorazione sottomarina ed al recupero delle parti individuate. Ai fini della scelta fu ritenuto
conveniente assumere come punto di partenza la localizzazione dei relitti della precedente
campagna, tenendo anche conto dei risultati di esplorazioni in zone limitrofe effettuate da Ifremer
e documentate da riprese televisive subacquee. L’importante curriculum della compagnia Wimpol
per la metodologia dell’indagine da fare è stato decisivo. Per la ricostruzione del velivolo è stata
incaricata Alitalia, che con le sue conoscenze dell’aereo e la sua struttura tecnica è riuscita a
ricostruire al meglio il relitto a Pratica di Mare.
– Perché avete scartato la tesi del missile?
“Man mano che l’immagine complessiva del relitto prendeva forma, divenne sempre più difficile
pensare che i danneggiamenti provocati da un missile, dei quali ancora non si erano trovate tracce,
fossero tali da aver causato, tanto rapidamente, la distruzione dell’aeroplano. L’abbattimento
dell’aereo pian piano perse credibilità e, alla fine la tesi del missile fu considerata del tutto
inattendibile. Sull’aereo ricostruito non c’era traccia di un investimento di una scarica di schegge
(shrapnel). Inoltre non si è trovata traccia che alcun missile potesse avere attraversato la struttura
dell’aereo in alcun punto. Un certo credito all’esplosione esterna nelle relazioni precedenti era
stata data dalla penetrazione di frammenti di plastica e di materiale trasparente, in movimento
verso l’interno della fusoliera, entro i cuscini dei sedili, Questo effetto però fu facilmente spiegato
dal Collegio peritale: la fusoliera, nell’urto contro l’acqua del mare aveva subito un urto molto
violento che aveva comportato istantaneamente un elevato carico di compressione sulla sua
struttura cilindrica. Materiali fragili come i trasparenti dei finestrini e altre parti di plastica e
metallo si erano frantumati e avevano scagliato frammenti tutte le direzioni, compreso l’interno
della cabina.
– Nonostante la predilezione dei media verso l’ipotesi missile, siete stati categorici nell’escluderla
“In definitiva, dopo tutte le attenzioni date alla tesi del missile, il Collegio pritale ha dovuto
convenire che la tesi del missile non era attendibile , anche in presenza di una pur fantomatica e
illogica guerra aerea”.

Continua…

Prof. Aurelio Misiti – Coordinatore generale del collegio peritale di Ustica