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Ci sono uomini che, anche loro malgrado, rappresentano un’epoca. A volte sono persone qualunque: il cinese di fronte ai carrarmati di Piazza Tienanmen, il marinaio americano che bacia la bella francesina in Normandia. A volte sono personaggi famosi, grandi condottieri che la storia l’hanno fatta in prima persona, con le loro vittorie. A volte però la storia ti dà in sorte la parte del perdente e tu, agli occhi di tutti, resterai come l’immagine di una sconfitta.

Forlani è stato per molti anni a capo della Democrazia Cristiana e ha governato il Paese ricoprendo ruoli importanti, fondamentali. Agli occhi di tutti però resterà l’immagine dell’uomo sotto accusa, chiuso all’angolo da Di Pietro, schiacciato alle sue responsabilità. Nel palcoscenico della storia lui rappresenta la caduta di un sistema, è l’immagine della sconfitta dei partiti travolti dalla marea di Mani Pulite.

Altri più bravi di me sapranno dare spiegazioni articolate su quel passaggio storico, sul ruolo politico che ricoprì la magistratura, con tutte le implicazioni che ne seguirono. Qualcuno giudicherà positivamente, qualcuno avrà delle riserve, ma qui mi limito ad analizzare quell’immagine. A volte diciamo che non possiamo fermarci a guardare il dito, quando punta alla luna: Forlani sulla sedia degli imputati rappresenta il crollo di un sistema ed è corretto guardare la luna, la prima repubblica che lascia spazio ad un nuovo assetto politico.

A differenza di altri, nei trent’anni successivi è scomparso da ogni consesso, autoconfinatosi nell’oblio, chiuso in un senso di colpa che gli ha fatto assumere su di sé la responsabilità di un sistema di cui sicuramente faceva parte, ma di cui non penso fosse l’unico artefice. Una volta tanto abbiamo tutti guardato la luna, dimenticando il dito. Dimenticando soprattutto, che in questo caso il dito era un uomo.


Dott. Romolo Giacani

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