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Maglie più larghe per i voucher con alcuni correttivi rispetto al modello pre-riforma: tetto di 10mila euro per prestazioni occasionali, disco verde alle imprese fino a 10 dipendenti. Niente limite per agricoli e addetti del turismo.

L’ uso dei voucher, iniziato nel 2008, è cresciuto esponenzialmente fino al 2016 (+500% di buoni lavoro venduti nel 2016 rispetto al 2012). Nel 2016 i buoni lavoro venduti sono stati ben 134,1 milioni. A marzo del 2017 il vecchio sistema è stato abolito.

Sempre nel 2017, con il decreto legge 50, il meccanismo di remunerazione delle prestazioni occasionali è stato ridisegnato, sia nella tipologia di attività ammesse, sia nella gestione, che è diventata telematica, soppiantando i vecchi buoni cartacei. Così, nel 2021, i voucher staccati telematicamente per retribuire altrettante ore di lavoro sono stati 8,3 milioni.

I lavoratori coinvolti sono stati 114.342, appena il 6,5% rispetto degli 1,76 milioni del 2016.

Dopo la forte stretta del 2017, il disegno di legge di Bilancio 2023 riapre su più fronti all’ uso dei buoni lavoro, i “voucher” che servono a pagare su base oraria le prestazioni occasionali.

La bozza della manovra approvata dal Consiglio dei ministri il 21 novembre elimina alcuni divieti relativi alle imprese che possono usare i buoni, in particolare nell’ agricoltura e nel turismo, e alza da 5mila a 10mila euro l’importo delle prestazioni che ogni utilizzatore (impresa o famiglia) potrà pagare ogni anno con i voucher.

La manovra interviene su diversi punti del vecchio lavoro “accessorio”, ma non segna per i voucher un vero ritorno al passato, a quel sistema di buoni lavoro cartacei cancellato nel marzo del 2017. Si mantiene infatti inalterato il sistema telematico Inps che serve a gestire e a retribuire ai lavoratori le prestazioni saltuarie tramite il contratto di prestazione occasionale (per gli utilizzatori imprese) e tramite il Libretto famiglia (per i lavori domestici, di assistenza e di cura, e per le lezioni private).

Il Ddl di Bilancio porta da 5mila a 10mila euro l’importo dei compensi che ciascun utilizzatore di prestazioni occasionali può retribuire con i voucher, alla totalità dei lavoratori impiegati.

Resta invariato il limite di 2.500 euro di compensi che ciascun lavoratore può ricevere dallo stesso utilizzatore.

La seconda apertura riguarda le dimensioni delle aziende ammesse all’ uso dei voucher: potranno impiegarli tutte le imprese che hanno fino a dieci dipendenti stabili (oggi il limite è di cinque dipendenti), e non ci sarà alcun limite per gli alberghi e per le «strutture ricettive che operano nel settore del turismo».

Un settore, peraltro, che la scorsa estate ha avuto problemi a reperire personale.

In agricoltura, i voucher potranno essere usati per retribuire anche gli operai agricoli stagionali, mentre oggi l’utilizzo è limitato ai soli lavoratori pensionati, sotto i 25 anni di età, disoccupati o percettori di misure di sostegno al reddito, come la cassa integrazione.

La norma inserita in manovra prevede che i buoni lavoro possano essere usati per remunerare il lavoro occasionale svolto «nell’ambito delle attività agricole di carattere stagionale per un periodo non superiore a 45 giorni nel corso dell’ anno solare», fatta salva la retribuzione oraria prevista dal contratto collettivo nazionale dei lavoratori agricoli, «per ogni giornata lavorativa vanno corrisposti al lavoratore almeno 3 buoni lavoro».

Nei settori dell’agricoltura e del turismo i buoni lavoro potrebbero riprendere quota, con le aperture previste dal Ddl di Bilancio 2023.

La parte datoriale plaude al maggior allargamento di flessibilità della manodopera «La possibilità di usare i “voucher” per le prestazioni occasionali negli hotel, nella ristorazione e nei bar appare opportuna per gestire nella legalità i picchi di lavoro stagionali o le necessità di personale aggiuntivo per eventi particolari», come se tra lavoratori terziarizzati e lavoratori extra avessero qualche laccio da rimuovere, però, si lamentano di non trovare manodopera.

Essendo retribuiti con i voucher, questi lavoratori non avrebbero diritto alla Naspi, in caso di disoccupazione, perché non sarebbero dipendenti, non avrebbero diritto alla pensione, senza i contributi dei dipendenti, né avrebbero il diritto alla malattia o alla maternità».

Nel lavoro domestico i voucher, penalizzano poiché «non includono i vari istituti previsti nel contratto collettivo di categoria come tredicesima, Tfr, ferie.

I buoni lavoro diventano un’alternativa al lavoro dipendente, rafforzano disparità di trattamento tra chi ha un contratto e chi no e indeboliscono le prestazioni assistenziali e sanitarie.

Alfredo Magnifico