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Il dibattito su aumento dei prezzi e salari ha riportato in auge la parola produttività, in particolare la produttività del lavoro, l’indicatore che spiega l’efficienza con cui lavoratore o impresa generano beni o servizi in un periodo di tempo e con una certa quantità di risorse.

La produttività ha a che fare con la prestazione dei dipendenti, ma dovrebbe avere, anche, a che fare con la loro formazione, innovazione, tecnologie usate e organizzazione aziendale.

La produttività in Italia è statica, ma non significa che sia bassa per la pigrizia dei lavoratori italiani, anzi… tra il 2014 e il 2018 c’è stato un aumento della produttività dello 0,3%, mentre in Europa l’indice è salito dell’1,4%.

Nel 2018 la produttività del lavoro è calata dello 0,3%, a fronte di una crescita delle ore lavorate, c’è qualcosa che non va, al contrario tra il 1990 e il 2020 il salario medio (misurato a prezzi costanti e in parità di potere d’acquisto) è diminuito del 2,9%, a fronte di aumenti, anche a tre cifre, di altre economie occidentali dell’area Ocse.

La tesi sparata da molti è che per parlare di aumento dei salari bisogna aumentare la produttività, bisogna agire alzando i salari per mettere una toppa all’inflazione, senza rischiare la spirale tra prezzi e salari.

Nella definizione di produttività conta non solo il lavoro in sé, ma soprattutto il contesto in cui si esplica; dimensioni d’impresa, innovazione, organizzazione aziendale e stabilità delle leggi.

Il ragionamento deve abbracciare l’industria, ma soprattutto i servizi, dove la produttività è diminuita nel 2021 rispetto al 2020, mentre nella manifattura è aumentata ,per non parlare dell’economia che comprende la pubblica amministrazione, da sempre la principale causa dei ritardi italiani nel recupero della produttività.

Nella manifattura, grazie agli investimenti in industria 4.0 la produttività si è allineata alle medie europee, nel terziario si assiste a una situazione stagnante, questione grave, visto che il terziario vale il 73% del nostro Pil, nei servizi, i più colpiti dalla pandemia, le aziende più competitive, che avevano già investito nel digitale hanno contribuito molto al rimbalzo della crescita.

Il lavoro è sempre meno una dimensione facilmente misurabile, non ha senso parlare di ore lavorate, il vero valore del lavoro non è legato alla quantità di tempo investita, quanto all’abilità del lavoratore, comparata con formazione e aggiornamento su competenze specifiche.

In Italia le competenze dei lavoratori spesso non rispondono alle esigenze delle imprese, da una parte le aziende offrono poche opportunità di formazione, dall’altra il 38% dei laureati svolge un lavoro per cui servirebbe un livello di istruzione più basso.

La produttività del lavoro non può svilupparsi senza che il lavoratore non senta un genuino interesse e trasporto per quello che fa, per cui serve una nuova cultura del lavoro, che non parta più solo dal “cosa” o “quanto” produrre e guadagnare, ma dal “perché” e dal “per chi”.

Un processo che si intravede nelle generazioni più giovani e che dovrebbe contaminare anche gli over, grande fetta della nostra forza lavoro, il problema vero sta nel fatto che: dal 1992 a oggi gli italiani tra i 25 e 29 anni sono diminuiti di un milione e mezzo,  i salari più bassi si sono riversati proprio sui giovani, che ora per la prima volta devono vedersela con l’inflazione.

Draghi manda messaggi ed esortazioni al dialogo alle parti sociali per discutere di come affrontare la crisi, personalmente non vedo chiari di luna non ci sono le condizioni minime per sedersi al tavolo; tra la minaccia della piazza di Maurizio Landini, la mancata partecipazione di Cgil e Uil al congresso della Cisl e gli ultimi attacchi di Carlo Bonomi al governo.

Contro l’inflazione, il governo apre alla possibilità di un intervento sul cuneo fiscale, ma non per i 16 miliardi chiesti da Confindustria, la ministra Gelmini ricorda che va abolito l’Irap mentre per Giorgetti per trovare risorse serve razionalizzare la spesa pubblica, infine la Meloni sostiene che i soldi per tagliare il costo del lavoro si trovano cancellando il reddito di cittadinanza.

Sul salario minimo, si è scatenato il balletto dei si, ma, forse no.. Draghi non è contrario, ma i partiti di maggioranza e le parti sociali sono tutt’altro che uniti sul tema: contrari Forza Italia, Lega, Confindustria e pure la Cisl.

Draghi e il ministro Franco avrebbero voluto finanziare il taglio del costo del lavoro con un nuovo Recovery Plan europeo, arriva però il no dei partner europei  il premier sarà all’Eliseo con Emmanuel Macron, insieme al quale sta tentando di rompere la resistenza dei Paesi nordici su un nuovo debito comune, sarà molto più facile che Draghi sia costretto a negoziare con la Commissione europea il sì ad un deficit superiore a quello concordato, considerata anche la proroga della sospensione del Patto di Stabilità.

C’è la partita dei rinnovi dei contratti, si attende l’aggiornamento del dato dell’Ipca, l’indice depurato dai beni energetici che fa da punto di riferimento per i rinnovi salariali.

La trattativa per il rinnovo contrattuale è appena iniziata per i chimici, mentre è ancora in stallo tutto il settore dei servizi, vale a dire 3,5 milioni di persone. Confindustria e sindacati chiedono la detassazione degli aumenti, ma il governo è contrario.

Bruxelles batte un colpo per la direttiva sul salario minimo, ma: la direttiva non fissa un salario minimo comune per tutti, né tantomeno un obbligo, punta invece a «a istituire un quadro» rispettando le diverse tradizioni di welfare dei 27 per garantire «un tenore di vita dignitoso», ridurre le disuguaglianze.

Anche il commissario Ue agli Affari economici Gentiloni ha detto che all’Italia serve un salario minimo, e  intanto in Germania… Il Parlamento di Berlino ha approvato l’aumento del salario orario minimo a 12 euro lordi da ottobre, una misura su cui puntava il cancelliere Olaf Scholz. Ci sarà un primo aumento intermedio a luglio da 9,82 a 10,45 euro, anche se la questione ha suscitato anche polemiche per il timore che possa contribuire alla corsa dell’inflazione.

Draghi è chiamato a centrare gli obiettivi per assicurarsi la seconda rata da 21 miliardi collegata al Recovery Plan, l’attuazione del piano italiano procede senza intoppi, l’Osservatorio Pnrr sugli obiettivi da conseguire nel primo semestre del 2022, sembra non esserci ritardi. Sono già state assegnate gare per 43 miliardi, nel bilancio della fase 2, resta il nodo dell’aggiudicazione del secondo bando per il 5G dopo il flop del primo.

Gli Stati Uniti, hanno dato via libera all’Eni e alla spagnola Repsol per tornare a importare petrolio venezuelano in Europa come compensazione per i debiti, mossa che rientrerebbe nella strategia adottata da Washington per rispondere al bando del greggio russo seguito all’invasione dell’Ucraina, anche l’Iran potrebbe immettere petrolio nei mercati globali senza una ripresa dell’accordo nucleare del 2015.

Tutto rinviato Invitalia e ArcelorMittal hanno firmato la proroga all’accordo su Acciaierie d’Italia Holding, dandosi altri due anni fino al 2024 per il passaggio delle quote di partecipazione dello Stato dal 38 al 60%, nello stesso giorno a Taranto la Corte d’Assise ha depositato l’ordinanza che rigetta la richiesta di dissequestro degli impianti siderurgici.

È convocato per giovedì il tavolo al Mise tra i vertici di Ita, Covisan e Almaviva con i sindacati, la regione Piemonte e il sindaco di Palermo per affrontare il tema dei lavoratori del contact center della compagnia. Orlando, a pochi giorni dalle comunali di Palermo, ha detto che il governo ha trovato una soluzione.

Riparte il Salone del Mobile di Milano,grande festa di riapertura dopo due anni di pandemia, ci saranno 2mila espositori e più di un quarto viene dall’estero. Un numero da ricordare: l’industria del mobile ha registrato un +24,5% nel primo trimestre di quest’anno.

Gli ultimi dati Istat sull’occupazione in Italia ad aprile registrano una riduzione degli occupati di 12mila unità; calano solo autonomi, 40enni e donne, il numero dei contratti a termine resta a livelli record,  Eurostat nelle rilevazioni evidenzia che nel Sud Italia ci sono più disoccupati di lunga durata di tutti quelli dell’intera Germania, mentre in Spagna continuano ad aumentare i contratti stabili dopo la riforma Diaz.

Musk il patron di Tesla ha inviato una email ai manager della casa automobilistica in cui dice che i dipendenti devono fare almeno 40 ore di lavoro in presenza in ufficio e ha pianificato un taglio del 10% dei dipendenti, viste le «bruttissime sensazioni» sull’economia americana. La risposta di Biden? «Ford investe. Stellantis investe. Presidente beato lei che vive sulla luna.

Alfredo Magnifico