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Mentre è in corso il raggruppamento delle forze russe ed il loro riposizionamento per la prossima battaglia, gran parte dell’attenzione dell’opinione pubblica appare spostarsi non tanto sul fronte diplomatico, quanto sugli aspetti più dirompenti del conflitto: quelli inerenti ai crimini di guerra e sulle loro possibili attribuzioni.

Le atrocità cui assistiamo attraverso i media sono talmente orrende che riesce difficile credervi. La consapevolezza di quanto queste notizie avvantaggino la posizione ucraina fanno sì che molti partigiani filo-russi e anche onesti pacifisti che cercano di mantenere ideologicamente una sempre più difficile “neutralità” ne mettano in dubbio se non la reale esistenza almeno la paternità.

Ci sono interviste, video, post e discussioni TV su come diversi episodi possano essere ricondotti a manipolazioni o messinscena da parte di “milizie nazi” o Servizi Segreti ucraini esattamente allo scopo di danneggiare ulteriormente l’immagine del regime russo davanti all’opinione pubblica mondiale.

Ci sono altresì altrettanto numerosi prodotti che tendono a contrastare tali teorie cospirazioniste mediante foto satellitari, analisi di immagini o ricostruzioni analitiche.

 

Il fatto è che sebbene possano sicuramente esistere casi controversi, la semplice magnitudine del fenomeno è tale che non possano sussistere dubbi sul fatto che le forze di occupazione russe si stiano macchiando di crimini che richiamano tristemente alla memoria alcune fra le pagine più oscure della storia del XX Secolo. Non sarebbe praticamente fattibile – soprattutto nella situazione corrente di conflitto – porre in essere così tante “scene del crimine” in così numerosi posti diversi, lontani fra loro e tutti appena liberati dalle forze russe: soprattutto considerando che la vasta maggioranza delle salme rinvenute sono in differenti stati di decomposizione e quindi i relativi decessi non possono che risalire ai giorni dell’occupazione.

 

Rimane però un punto fondamentale rivendicato dal fronte cospirazionista: “cui prodest?” Naturalmente non giova alla Russia, quindi perché mai dovrebbero i russi macchiarsi di tali misfatti?

Giustissimo. Ma d’altra parte, a chi giovarono gli osceni episodi di Sant’Anna di Stazzema o di Marzabotto? Non certo alla Germania nazista, eppure non vi sono dubbi sulle responsabilità di chi perpetrò tali crimini. Non ve ne sono neppure sugli infiniti crimini minori, non solo della II Guerra mondiale, ma commessi lungo tutta la storia delle guerre, spesso nascosti nella nebbia dei conflitti e dimenticati nel corso del tempo.

Quindi, assodato che al regime russo non convenga macchiarsi di questi crimini che appaiono però largamente commessi dalle sue truppe, e stabilito fino a prova contraria che questi non avvengano su ordine di Mosca, quale può esserne la ragione?

 

Chi scrive non è un analista politico e neppure un investigatore, quindi non mi addentrerò nelle possibili motivazioni recondite di un regime che potrebbe voler intenzionalmente incutere terrore nella popolazione ostile o in quelle che potrebbero appartenere a milizie irregolari particolarmente spietate. Ma in qualità di militare di professione in congedo con un certo numero di missioni in Teatri Operativi in giro per il mondo, vorrei porre l’attenzione su un altro aspetto.

 

La nostra prospera e ricca società occidentale, tanto vituperata e disprezzata, ormai da tempo ha saputo esorcizzare la guerra; almeno due generazioni sono cresciute e maturate senza conoscerla in altro modo che sulle pagine dei libri o sullo schermo della televisione. Ma la guerra è sempre stata e continua ad essere – laddove esplode – un atto di violenza e come dice Clausewitz, “non esiste limite al suo impiego”.

I soldati russi coinvolti nella guerra in Ucraina non sono selvaggi: appartengono al nostro tempo e per molti versi la società russa non è molto dissimile dalla nostra. Inoltre quei soldati non sono tutti uguali: esistono i professionisti, e fra questi ci sono anche i veterani e i membri delle unità di élite; ma ci sono anche i coscritti che credevano di partecipare ad un’esercitazione, ci sono i miliziani siriani e ceceni, i mercenari dei gruppi Wagner, e infine ci sono gli agenti del Ministero degli Interni inquadrati nella “Rozgvardia” e destinati a controllare i centri abitati occupati. Ciascuno di questi gruppi ha livelli di addestramento differenti e reagisce al trauma del combattimento in maniera diversa.

 

Personalmente sono portato a credere che i militari professionisti abbiano un livello di addestramento sufficiente a saper controllare lo stress da combattimento, e a meno che si scopra che esistano ordini specifici di cui però non si vede il senso, non sembra possibile attribuire tali crimini a loro. Ceceni e miliziani vari potrebbero sicuramente essere capaci di tali azioni, di cui si sono sicuramente macchiati in passato, ma non sono in numero tale da potergli attribuire queste inaudite violenze avvenute lungo tutto il fronte.

Rimangono i coscritti e la Rozgvardia.

I primi è accertato non sapessero neppure di dover combattere una guerra; i secondi avevano ordine di imporre l’ordine pubblico in centri urbani dove la popolazione in base ai piani avrebbe dovuto dimostrarsi amichevole. Entrambi invece si sono trovati all’improvviso ad affrontare la realtà inaspettata di un conflitto brutale contro una Nazione che reagiva con odio ad un’aggressione inaspettata da parte di vicini considerati “fratelli”.

 

La reazione ad una situazione così inattesa e violenta può essere complessa. I coscritti da sempre si abbandonano ad eccessi nell’uso di droghe e di alcol, e l’esercito di leva russo, da sempre piagato dal fenomeno della “Dedoushchina” (paragonabile al “nonnismo” ma molto più estremo), è particolarmente esposto a tali piaghe cui diversi studi attribuiscono larga parte degli eccessi registrati in Cecenia.

Gli agenti antisommossa della Rozgvardia sono professionisti, ma la loro professione consiste nel reprimere le manifestazioni di piazza e proteggere il regime più che la “Rodina” (Patria), e non sono preparati a subire perdite in combattimento: per loro la reazione inaspettata della popolazione ucraina, che li accoglie da occupanti invece che da liberatori, può essere apparsa come una sorta di “tradimento”, e di fronte alla perdita di numerosi colleghi può facilmente aver scatenato reazioni violente ed incontrollate.

 

Naturalmente, in assenza dell’esito di inchieste indipendenti e professionali, è impossibile attribuire responsabilità.

Ma nelle more di tali risultati e nella considerazione che difficilmente le autorità ucraine o russe possano aver ordinato scientemente tali violenze, appare purtroppo plausibile ascriverle ad eccessi sul campo di personale non sufficientemente preparato e addestrato allo stress del combattimento ad alta intensità, e che reagisce con comportamenti aberranti e violenze sproporzionate contro la popolazione civile avversaria.

Se così fosse, la responsabilità di Putin non consisterebbe tanto nell’aver ordinato tali eccessi criminali, quanto nell’averli provocati indirettamente attraverso una pianificazione errata e una condotta inadeguata della sua aggressione all’Ucraina.

Sei soddisfatto, orso Vladimiro?