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Fonti ufficiali ucraine hanno affermato il primo maggio che precisi attacchi di artiglieria contro un posto comando nemico potrebbero aver ferito il Capo di Stato Maggiore dell’esercito russo, Valery Gerasimov, e ucciso Andrei Simonov, un altro generale responsabile della guerra elettronica sull’intero fronte assieme ad un centinaio almeno di altro personale militare.

La Russia non ha ancora commentato l’episodio, mentre le fonti occidentali, pur confermando la presenza nei giorni recenti di Gerasimov in zona non sono state in grado di confermare l’evento. Altri rapporti da un lato suggeriscono che il generale avrebbe lasciato il posto comando subito prima dell’attacco e sarebbe illeso, mentre il sito di un social media russo riconducibile al politologo Valery Solovei affermerebbe che Gerasimov sarebbe ferito ad una gamba in modo serio ma non tale da porlo in pericolo di vita.

Quando le prime indiscrezioni hanno cominciato a trapelare, mio figlio – che sta completando il penultimo anno delle Superiori – mi ha chiesto se nell’eventualità che l’evento fosse confermato, si trattasse di una cosa positiva o negativa.

La sua domanda mi ha veramente colto di sorpresa, perché riflettendoci la risposta è veramente complessa.

Da sempre, la messa fuori gioco del comandante avversario è uno dei fattori determinanti di successo in battaglia. È l’equivalente della perdita della Regina nel gioco degli scacchi: non garantisce la vittoria ma rappresenta sicuramente un colpo particolarmente grave e in grado di minare il morale e la capacità dei combattenti della sua fazione; la storia è piena di episodi in cui la caduta in combattimento di un condottiero ha determinato l’esito della battaglia.

Valery Gerasimov non è solo il Capo di Stato Maggiore dell’esercito russo: è anche la mente più brillante dell’intero establishment militare del suo Paese, l’ideatore della dottrina eponima sull’impiego integrale delle risorse nazionali in un conflitto (la cosiddetta “guerra ibrida”), e il pianificatore della riforma che ha modernizzato l’esercito russo a partire dall’Armata Rossa sovietica caduta nel caos dopo le guerre cecene.

Da quanto si è visto finora non sembra che nel resto dell’esercito ci siano generali di alto rango con capacità paragonabili alle sue, e questo spiega la sua presenza al fronte in un momento particolarmente delicato come l’avvio dell’offensiva nel Donbass.

Da questo punto di vista quindi l’eventuale messa fuori scena di Gerasimov sarebbe un’ottima notizia per l’Ucraina, e di conseguenza anche per l’Occidente.

Il fatto però che ci si trovi in una situazione di “guerra per procura”, dove alla Russia attraverso l’Ucraina si oppone l’intero Occidente, la presenza di una persona capace come Gerasimov accanto ai codici nucleari rappresenta un fattore rassicurante a livello globale. Non ripeteremo mai abbastanza come un’escalation nucleare di questa guerra che NON pone a rischio l’esistenza della Russia sia altamente improbabile; rimane però il fatto che sia comunque possibile. Nell’eventualità che Putin perdesse la testa, Gerasimov probabilmente sarebbe la migliore assicurazione per evitare un disastro.

Inoltre il diretto superiore di Gerasimov, il Ministro della Difesa Shoygu, è un burocrate fedelissimo di Putin; se mai le forze armate dovessero decidere di liberarsi dell’attuale regime, non sarebbe ai suoi ordini che prenderebbero l’iniziativa.

Aggiungendo a tutto ciò un filo di simpatia professionale per un militare di carriera particolarmente capace, mi sento di augurare buona fortuna a Valery Gerasimov.

Rimane però il punto sostanziale: il generale Simonov, che invece sarebbe effettivamente deceduto nell’attacco ucraino, risulterebbe essere il decimo generale russo ucciso in poco più di due mesi di guerra; un tasso di perdite senza precedenti fra gli alti ranghi di un esercito moderno. Ma ancora: cosa ci faceva Gerasimov così a ridosso del fronte da risultare a tiro dell’artiglieria nemica come Napoleone a Waterloo? Peggio ancora: come è possibile che l’attacco ucraino sia avvenuto con tale precisione proprio nel momento della presenza sul posto del generale più alto in grado della Russia?

La risposta a tutte queste domande è che i russi sono decisamente nei guai dal punto di vista della sicurezza. La presenza di Gerasimov al fronte subito dopo il riordino della catena di comando a seguito della sconfitta nella battaglia precedente e nell’imminenza della prossima, testimonia di una relativa mancanza di fiducia dello stesso Gerasimov – o forse addirittura di Putin – nei confronti dei suoi sottoposti. Peggio ancora, la precisione quasi chirurgica con cui gli ucraini colpiscono i centri nevralgici della catena di Comando e Controllo nemica testimonia una capacità tecnica insospettata, e soprattutto la puntualità di questo attacco indica la conoscenza da parte ucraina della presenza di Gerasimov sul posto.

In conclusione: gli ucraini dispongono chiaramente di una rete di intelligence estremamente ben organizzata all’interno delle strutture di comando russe. Una struttura capace di preavvertire di tre successivi attentati alla vita di Zelensky – conclusisi con l’eliminazione fisica di tre successivi commando russi (uno di Spetznaz, uno di ceceni e uno del gruppo Wagner) – nonché di comunicare in anticipo le direttrici di attacco nemiche… E adesso perfino i movimenti del Capo di Stato Maggiore.

L’esistenza di questa rete informativa ucraina ormai era abbastanza chiara da almeno un mese; il fatto che i russi non siano stati in grado di prendere contromisure indica come Putin abbia un grosso problema di sicurezza.

 

Secondo l’Ucraina, le unità russe hanno subito finora più di 22.000 caduti in combattimento. Le sime occidentali sono più modeste e si attestano poco al di sopra dei 18.000, ma la sostanza non cambia: considerato che si tratta solo di morti e che i feriti e i dispersi tendono ad essere almeno altrettanti se non il doppio, che i carri armati distrutti superano probabilmente i mille e gli aerei i cento, e soprattutto che la percentuale di perdite fra le forze di élite (paracadutisti, fanteria di marina, forze speciali e piloti, nonché personale dei posti comando) appare sproporzionatamente alta, significa che i russi hanno perduto finora oltre il 25% delle forze impiegate e che anche una mobilitazione generale non potrebbe riassorbire i vuoti provocati fra il personale più esperto e il materiale più moderno. Questo in quanto la mobilitazione riguarderebbe personale di leva ancora da addestrare e materiale obsoleto immagazzinato da oltre trent’anni.

 

Le ragioni di queste perdite sono molteplici, ma l’esistenza di una rete informativa a sostegno delle operazioni ucraine è sicuramente fra le principali. Anche l’affondamento di due unità navali intorno alla famosa Isola dei Serpenti nel Mar Nero, avvenuto sempre nelle ultime 48 ore, indica come i movimenti russi siano trasmessi alle unità di fuoco ucraine con estrema efficienza. In quale misura sia questo dovuto alla professionalità degli ucraini, all’esistenza di una rete di operatori leali a Kyiv all’interno della Federazione Russa o al supporto degli assetti intelligence occidentali, poco importa: quello che conta è che nell’imminente battaglia per il Donbass i russi partono con una serie impressionante di handicap e pochi vantaggi puramente numerici, riconducibili ad una massiccia superiorità in termini di potenza di fuoco.

Sarà sufficiente ad assicurare all’orso Vladimiro quella vittoria che tanto anela in vista dell’ormai prossima data del 9 Maggio?