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Le ultime 36 ore hanno visto una serie di colpi durissimi alla campagna russa in Ucraina, quali non se ne vedevano da tempo, e le conseguenze sono ancora tutte da analizzare a fondo.

 

Innanzitutto il ponte di Kerch. Una corsia dell’autostrada è andata, l’altra è danneggiata. Il tracciato ferroviario ha subito un lungo incendio senza essere investito direttamente dall’esplosione, ma ingegneri mi dicono che l’anima d’acciaio delle strutture in cemento armato, sottoposta ad alte temperature, può risultare irrimediabilmente compromessa e mandare l’intera struttura in “equilibrio iperstatico”: per intenderci, come il Ponte Morandi a Genova.

Considerata l’attitudine russa a salvare la faccia e correre rischi, sicuramente riapriranno al traffico tanto la ferrovia che la carreggiata rimanente dell’autostrada, sperando per il meglio. Il traffico però risulterà fortemente rallentato, e il colpo al morale – oltre che al prestigio personale di Putin – è considerevole.

Continua il rimbalzo delle responsabilità: Servizi russi “deviati” o Forze Speciali ucraine?

 

Ieri però ci sono stati altri due eventi importanti, anche se passati relativamente sotto silenzio vista la rilevanza mediatica dell’attacco al ponte: sono state colpite anche la stazione ferroviaria di Ilovaisk (vicino a Donetsk) e una base aerea strategica a sud ovest di Mosca. I dettagli sono ancora ridotti, ma apparentemente a Ilovaisk è esploso almeno un vagone merci in un convoglio fermo alla stazione, quindi con modalità simile a quella dell’ipotesi camion-bomba per il ponte. I danni non sono ancora chiari, ma la stazione di Ilovaisk è il nodo ferroviario fondamentale per i rifornimenti russi nel Donbass meridionale, come Lyman lo era per quello settentrionale.

Circa la base aerea le informazioni sono anche più scarse, ma pare che sia stata colpita con dei droni suicidi, e quindi con un’operazione molto lunga e complessa; la base in sé non avrebbe subito gravi danni, ma due bombardieri con capacità strategica Tu-22 “Backfire” sarebbero stati distrutti.

 

Infine, durante la notte, c’è stato un continuo rimbalzare di notizie su movimenti di truppe scelte della Rozgvardyadentro e intorno a Mosca, con voci relative all’arresto di militari e alle dimissioni del Ministro della Difesa Shoygu e del Capo di Stato Maggiore Gerasimov.

Al momento in cui scrivo non ci sono conferme di alcun tipo su queste notizie, e quindi sono probabilmente da considerare false; è però rilevante che siano state diffuse proprio in questo momento.

 

Cerchiamo di osservare questi fatti con una visione d’insieme: l’assoluta contemporaneità (in termini operativi) appare indicativa di una loro connessione. Se poi li inseriamo nel contesto degli ultimi mesi di campagna militare, è evidente che gli ucraini perseguono una pianificazione accurata e coerente tesa a colpire con sistemi di Targeting avanzato i gangli vitali dell’alimentazione logistica, del Comando e Controllo e del morale avversari, allo scopo di erodere costantemente tanto la capacità che la volontà di combattere del nemico.

A parte il non utilizzo (per ovvie ragioni derivanti dalla mancanza di Superiorità Aerea) dell’aviazione, tutto questo ricorda moltissimo la dottrina militare occidentale, che è stata sviluppata appunto per combattere eventualmente l’Unione Sovietica e che si applica perfettamente alla Russia che dell’URSS è l’erede strategico.

 

Torniamo però al rimbalzo di responsabilità sull’attacco al ponte.

Le voci su una presunta responsabilità dei Servizi russi intenti a screditare le Forze Armate e provocare la rimozione (in seguito effettivamente ventilata) dei loro vertici appare perfettamente collegata all’azione ucraina tesa a colpire – in questo caso per via non-cinetica – la catena di Comando di Vertice nemica.

Un Regime come quello russo, che si basa sull’equilibrio dinamico fra centri di potere rivali fra loro e quindi incapaci di minacciare la leadership dell’autocrate, è per sua natura vulnerabile al sospetto continuo che tali centri di potere nutrono uno nei confronti dell’altro. Istigare il dubbio è quindi un ovvio strumento da parte della propaganda ucraina per minare la coesione del Vertice di comando nemico.

Nel contempo, quando l’azione in profondità è compiuta da Forze Speciali, tale azione non si conclude con il conseguimento dell’effetto desiderato (in questo caso l’esplosione), ma con l’avvenuta esfiltrazione e messa in sicurezza del personale coinvolto, che richiede del tempo. Nell’ambito delle operazioni per assicurare tale esfiltrazione rientra la negazione della paternità dell’attacco… Negazione che abbiamo avuto anche in occasione dei precedenti attacchi avvenuti in Crimea contro basi aeree e linee ferroviarie.

 

Il fatto poi che l’attacco al ponte sia avvenuto in contemporaneità con quello alla stazione di Ilovaisk – e forse perfino con modalità similari – porta inevitabilmente a indicare la responsabilità ucraina per due attacchi chiaramente connessi e coordinati fra loro: il materiale e soprattutto il personale necessari per riparare danni di questo tipo non sono disponibili in quantità illimitata, e dover affrontare due crisi contemporanee rende le riparazioni più lente e più difficoltose.

In definitiva: potrò sbagliare, ma mi sento di scartare l’ipotesi di un conflitto interno ai Vertici russi già giunto a livelli tali da condurre ad attacchi diretti come questi. I precedenti attacchi fasulli (le cosiddette “false flags”) organizzati in passato dai russi si distinguevano per l’assenza quasi totale di danni e di vittime, e un livello di danneggiamento elevato come quello subito dal ponte di Kerch mi sembra del tutto inaccettabile anche per l’FSB, considerate le possibili ricadute militari sulle forze operanti a Kherson.

 

Questo però non significa che la tensione all’interno dei Vertici non sia effettivamente già alta.

Abbiamo già avuto modo di vedere come l’oligarca Prigozhin – supportato dal suo gruppo Wagner e dal suo de-facto alleato Kadyrov – sia in rotta con l’esercito, e appare anche evidente come i Servizi siano sempre più in contrapposizione fra loro (il GRU militare contro l’FSB civile), e che tutte e quattro queste fazioni siano tenute d’occhio con sospetto dallo stesso Putin e dalla sua fedelissima Rozgvardya.

I Servizi ucraini, che grazie alla vasta diaspora ucraina all’interno della Federazione hanno ormai infiltrato tutti i livelli dell’amministrazione, faranno di tutto per sfruttare e amplificare queste divisioni.

 

Nel contempo però dobbiamo anche renderci conto che quello di sgretolare dall’interno il Regime sia un processo dolorosamente lento, che difficilmente darà frutti nel brevissimo termine.

Innanzitutto il potere personale di Putin è ancora considerevole (anche se probabilmente ai minimi dal 2000), e che non esistono figure individuali tali da contrastarlo. Il fatto stesso che sui media non si sia ancora levata una singola critica alla sua direzione – che pure è quella effettivamente responsabile dei fallimenti militari per via delle intromissioni nelle operazioni militari – indica il suo perdurante controllo sull’informazione.

La rimozione contemporanea di Shoygu e Gerasimov è piuttosto improbabile: la decapitazione dei Vertici militari durante una campagna è una follia che distruggerebbe non solo la Catena di Comando, ma soprattutto il morale delle truppe al fronte. Inoltre si tratta di due detentori dei Codici di Lancio nucleari, dove il terzo è lo stesso Putin: un’azione del genere destabilizzerebbe l’intero Regime e terrorizzerebbe gli oligarchi. Nel caso, Putin procederebbe a regolare i conti con tempistiche separate.

 

Il Regime non è ancora giunto alla fine, e l’orso Vladimiro ha ancora del tempo davanti a sé… Ma ora sarà obbligato a prendere delle decisioni, perché gli ultimi colpi ricevuti rendono impossibile il mantenimento della narrativa secondo cui “tutto procede secondo i piani”.

 

Orio Giorgio Stirpe