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Da simpatizzante iscritto al Pd romano mi sembra utile entrare nel dibattito apertosi nel partito che dovrebbe concludersi con il congresso, lo faccio senza ambizione alcuna con lo stesso spirito con cui presi la prima tessera D.C. oltre cinquant’anni fa in un piccolo sperduto paese del Molise.

Un mancato riferimento al “socialismo europeo”, e un mancato richiamo al “lavoro” e ai “lavoratori”, quando nel 91 fu fondato il PDS con simbolo la quercia, non unì le due anime democristiana e comunista, nè evitò scissioni, infatti dopo la nascita della quercia ci fù la nascita di Rifondazione Comunista, da allora fughe e rientri si sono alternate.

Fu l’incontro tra l’anima più critica del vecchio Pci verso le forze riformiste e socialiste e le forze di matrice cattolica provenienti dalla Margherita a sancire una nuova linea di demarcazione.

Renzi da segretario del Pd nel 2014 si prese la responsabilità di aderire al Partito socialista europeo, fatto che coincise con la straripante vittoria del Pd alle europee dello stesso anno, con il record storico del 41% dei voti.

Oggi se si chiede a qualche dirigente del Pd quale sia la reale collocazione internazionale del partito si è costretti ad ascoltare tortuosi giri di parole.

Oggi occorrerebbe chiudere con chiarezza il percorso del partito che in oltre 30 anni non ha trovato una identità e il suo naturale punto di approdo.

La soluzione più semplice e naturale, diventare a tutti gli effetti il partito socialdemocratico italiano, rendendo esplicita la sua vocazione a rappresentare lavoratori e lavoratrici, aggiungendo “partito del lavoro” nel marchio.

Serve prevedere primarie per scegliere dirigenti ed eletti di ogni ordine e grado, questo potere deve tornare in mano agli iscritti, riforma Zingaretti.

Iscritti che devono aderire al partito attraverso un percorso (rigidamente online) che ne assicuri l’adesione individuale e impedisca di fatto l’acquisto di pacchetti di tessere, che dovrebbe cambiare il partito, sottraendolo alle scorribande di gruppi di potere locali, forti economicamente e organizzativamente.

Il Pd non deve più essere contendibile dall’esterno vedremo come dai sofisti questa riforma sarà interpretata nei prossimi mesi.

La nuova struttura del partito dovrà dimostrare di essere in grado di attivare un canale di partecipazione legato al tesseramento e gran parte della base decisionale passare attraverso gli iscritti.

Il partito dovrà stabilire canali di partecipazione e dare voce ad un protagonismo politico moderno con una diffusa rete di circoli territoriali e opportunità offerte dalle piattaforme digitali.

Il Pd dovrebbe operare una scelta più netta di comunicazione alternativa sviluppando i canali social su cui interagire, questa scelta non potrà trovare attuazione senza quel salto generazionale del gruppo dirigente, da più parti evocato.

Non bisogna perdere di vista il motivo principale della crisi italiana, una società ferma da anni, rimettere in moto l’Italia sarebbe la condizione minima per attivare nuove politiche di welfare.

Il malcontento italiano è conseguenza del malessere di una società che non cresce, non produce più come una volta, anzi sta morendo “ il movimento è tutto’, solo lo sviluppo crea la ricchezza da redistribuire”,    .

Il binomio – lavoro e sviluppo – devono trovare nel nuovo Pd il partito di riferimento.

Recuperare il contatto con la realtà. Imprese e categorie devono trovare interlocuzioni istituzionali corrette con il nuovo partito, non scorciatoie lobbistiche.

Selezione della classe dirigente; o la formi, dedichi anni e mezzi alla formazione, o la trovi. Per trovarla devi cercarla, fare scouting, avere cacciatori di teste affidabili, criteri di selezione seri e meritocratici.

Va bene anche la “scuola di politica” creata da Enrico Letta in 10 anni ha selezionato oltre mille giovani.

La selezione principale dovrebbe puntare a “trovare” una classe dirigente, convincere persone capaci ad occuparsi di politica, disporre di una rete di “osservatori” sui campi di provincia, come avviene nel calcio,

Bisogna rompere il modello della politica per professionisti, fatta di “sangue e merda”, dove infedeltà e tradimento sono accettati come condizioni per partecipare al gioco.

Un partito in grado di assumere le sembianze di una organizzazione seria, con poche regole ma rispettate da tutti, con sani principi da considerare inviolabili, dove i comportamenti e la coerenza personale contano qualcosa, rappresenterebbe una novità che manca nel panorama italiano di oggi.

Un partito dei migliori e dei giusti, non il partito dei primi della classe e degli arroganti, il partito dove si è scelti non imposti.

Della loro arroganza ne ho avuto esperienza diretta nel momento in cui ho chiesto ad assessori o politici di dare un contributo su vertenze dei lavoratori,li ho trovati sempre sfuggenti o addirittura contrariati.

Serve 

uUn partito-strumento per l’emancipazione delle classi svantaggiate e dei soggetti più deboli, non l’arma di conservazione del potere dei ceti dominanti.

Occorre utilizzare e riscoprire parole antiche di riferimento al cattolicesimo di Aldo Moro e al comunismo di Enrico Berlinguer che potrebbero ritrovare un senso nella società italiana del XXI secolo.

Alfredo Magnifico