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Un saggio del professor Alain Supiot parte con l’affermare che Il diritto del lavoro è nato per garantire che sia la tecnologia al servizio degli uomini e non gli uomini al servizio delle macchine.

Il Diritto del lavoro nasce agli inizi del ventesimo secolo, per regolamentare il lavoro nella grande impresa industriale, si applica esclusivamente al lavoro subordinato (o “dipendente”).

La subordinazione è necessaria per applicare le regole limitative nella gestione del rapporto di lavoro, individuato attraverso riferimenti a caratteristiche del lavoro prestato nelle aziende manifatturiere.

Prima si lavorava dal sorgere del sole al tramonto, poi le nuove tecnologie hanno reso possibile lavorare anche di notte, es. l’avvento della luce elettrica, così che per delimitare l’universo lavorativo, si è reso necessario che la politica ponesse delle regole, e così è nato il diritto del lavoro, a garanzia che la tecnologia rimanesse al servizio degli uomini, e che non fossero invece gli uomini a diventare strumenti delle macchine.

Oggi stiamo attraversando una fase di profondo cambiamento, la rivoluzione digitale pone nuove sfide in ambito istituzionale, ecologico e tecnologico.

Oggi tra le generazioni più giovani, è forte l’esigenza di rispondere a domande come: “Perché lavoro? Come lavoro?”.

I lavoratori desiderano riappropriarsi del significato e del contenuto del lavoro.

Come muoversi, allora, in questa direzione? E cosa aspettarsi dal futuro?

L’ideale tipo di lavoratore, per il Diritto del lavoro, è stato il lavoratore-maschio, adulto, inserito nella grande impresa industriale, i tratti tipici della subordinazione si sfumano e si amplia quella che viene definita “zona grigia”, alla quale non si sa se applicare o no la disciplina legale imposta dal diritto del lavoro.

I filoni principali del pensiero di Supiot sono tre: il fondamento, la funzione e le dinamiche che contribuiscono alla marginalizzazione del diritto e della legge, le risorse, attuali e potenziali, che il diritto può  e deve  esprimere nell’ambito della ‹mondializzazione.

Nella pratica attuale i lavoratori sono vincolati soprattutto al raggiungimento di un risultato, al punto che la loro attività non differisce molto dal lavoro autonomo, ad esempio, un subappaltatore dovrebbe divenire fondamentale adeguare la politica retributiva alla nuova “gestione partecipativa”.

Il diritto del lavoro ha reagito a questo “declino del potere datoriale discrezionale a vantaggio del potere funzionale” attraverso : l’espansione degli obblighi di motivazione, l’emersione di diritti di consultazione, il controllo da parte degli organismi rappresentativi dei lavoratori e il potenziamento del ruolo del giudice.

Supiot osserva come sia in crisi la relazione tra datore di lavoro e lavoratore di fronte agli istituti di sicurezza sociale, al punto che si estende un’area di Diritto del lavoro che si applica a quella che abbiamo definito  “zona grigia”.

Ciò che più conta è l’esistenza di strumenti di sicurezza sociale definiti come diritti di prelievo sociale, in grado di tutelare il lavoratore nei passaggi da un impiego all’altro, in una dimensione di mondializzazione sempre più accentuata nella quale dovrebbero svilupparsi nuovi meccanismi di solidarietà.

Nella gestione della pandemia il rapporto tra scienza e diritto è diventato oggetto di grande discussione o di conflitto sociale e a causa dell’assenza di verità scientifiche e di eccessivo affidarsi della politica al parere della scienza hanno causato il formarsi di opinioni pubbliche contrastanti e spesso il diritto non è stato in grado di gestire adeguatamente una simile crisi.

Gli ultimi due anni hanno influito in modo pesante sulla globalizzazione, che Supiot definisce mondializzazione.

Le chiusure di aziende e frontiere, causa pandemia, i freni ai commerci internazionali, per effetto della guerra in Ucraina   stanno mostrando tutti i limiti dell’assetto globalizzato dell’economia: sembrava scontato il sistema economico creato dalle industrie occidentali di affidare la manifattura a Paesi a basso costo del lavoro e preferivano continuare a detenere il controllo sul processo produttivo, certe di poter contare sulla facilità degli scambi e dei trasporti mondiali, certezza  rivelatasi  priva di fondamento e debole nel lungo termine degli assetti economici globali.

La chiusura totale in Cina di molte aziende e delle frontiere a causa della pandemia, hanno interrotto l’afflusso di componenti necessari a molte produzioni manifatturiere occidentali (la componentistica elettronica dell’Automotive), la guerra in Ucraina ha messo in discussione l’approvvigionamento di materie prime alimentari e/o necessarie alla produzione di energia.

Sono aspetti per i quali sarebbero necessari progetti a lunga scadenza ma troppi sono i politici più interessati al mandato che all’elaborazione di strategie di lungo periodo.

Alfredo Magnifico