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la Legge Fornero sulle pensioni potrebbe perdere il primato della negatività, la prossima Manovra finanziaria, sul tema pensioni, ha strette, tagli e tante altre novità che potrebbero insidiare la negatività alla riforma Fornero.

Le modifiche al sistema pensionistico rendono molto più difficile comprendere il quando realmente si potrà andare in pensione. Soprattutto, la pensione anticipata avrà requisiti molto più stringenti rispetto al passato, non solo per Opzione donna e Ape Sociale, ma anche per Quota 103, che arriva con un bel carico di penalizzazioni.

L’aggravamento dei requisiti di tutti gli strumenti di uscita dal mondo del lavoro, le penalizzazioni attuali e future, soprattutto per i Millennials e la percezione che la pensione anticipata diventa una “questione da ricchi”.

La riforma delle pensioni della prossima manovra finanziaria è stata definita peggio della famigerata Legge Fornero, a partire dall’uscita anticipata dal lavoro al taglio delle pensioni ai dipendenti pubblici.

La prossima Legge di Bilancio per il 2024 non prevede una vera e propria riforma delle pensioni, ma una lunga serie di interventi sul pacchetto dedicato alla previdenza.

Da una parte non ci saranno modifiche strutturali, dall’altro cambia davvero tanto per le misure che sono già in vigore e che consentono l’uscita anticipata dal lavoro. Stiamo parlando delle pensioni anticipate: Quote 103, Opzione Donna e Ape Sociale. Tutte le misure subiranno una stretta, rendendo molto difficile andare in pensione in anticipo.

Nel 2024, arriverà Quota 103 molto penalizzata. Chi matura i requisiti per andare in pensione, durante il 2024, riceverà un importo determinato secondo le regole di calcolo del sistema contributivo, viene anche introdotto un tetto massimo al valore lordo mensile dell’assegno, che non può essere superiore a quattro volte il minimo indicato dall’Inps.

Le finestre d’uscita vengono dilatate e si allunano i tempi necessari tra la maturazione dei requisiti e la pensione. I tempi per i dipendenti del settore privato passano da 3 a 7 mesi, mentre quelli per gli statali passano da 6 a 9 mesi.

Se Quota 103 sarà penalizzata, lo stesso può dirsi anche per Opzione Donna e per l’Ape Sociale, nel primo caso, la platea delle beneficiarie si riduce. Viene aumentato il requisito anagrafico, che passa da 60 a 61 anni.

Per quanto riguarda l’Ape sociale, si potrà accedere una volta compiuti 63,5 anni d’età (cinque mesi in più rispetto alle regole attualmente in vigore. I requisiti contributivi restano invariati.

Per i cosiddetti Millennials, da una parte, la pensione di vecchiaia verrà agevolata, ma dall’altra sarà praticamente impossibile, se non molto oneroso, andare in pensione in anticipo.

Le nuove regole saranno applicate a chi ha iniziato a lavorare dal 1° gennaio 1996 e, facendo due calcoli, per tutti coloro che andranno in pensione a partire dal 2030. Questi lavoratori saranno soggetti interamente al metodo contributivo.

Andare in pensione di vecchiaia a 67 anni e con 20 anni di contributi, avendo un assegno di 1,5 volte quello sociale;

Andare in pensione anticipata a 64 anni con 20 anni di contributi, avendo un assegno di 2,8 volte quello sociale.

Si tratta di vincoli che, per chi è andato in pensione anticipata durante gli ultimi due anni, non esistono più. Chi ha optato per la pensione anticipata, si è dovuto adattare ad altri scivoli, come Quota 103.

Il Governo, però, ha optato per un tetto meno drastico, ma ben compensato da altri vincoli. Precisamente, è previsto il tetto alla pensione pari a cinque volte la minima che ne limita l’importo fino ai 67 anni, una finestra di tre mesi dal raggiungimento dei requisiti, i 20 anni di contributi non più fissi, ma adeguati alla speranza di vita e quindi crescenti nel tempo.

Se l’uscita anticipata dal lavoro sembra essere, ormai, molto più complessa, la Legge di Bilancio riserva amare sorprese anche ad alcune categorie di dipendenti pubblici, per i quali sono previste pensioni più basse.

La riduzione è prevista per le prestazioni maturate prima del 31 dicembre 1995, per i soggetti assicurati presso le ex casse di previdenza amministrate ora dall’Inps, dopo l’incorporazione dell’Inpdap per il personale del pubblico impiego.

La situazione cambia per i dipendenti con meno di 15 anni di contributi versati al 31 dicembre 1995 e che andranno in pensione dal 1° gennaio 2024.

Per questi soggetti, secondo i calcoli, le prestazioni relative alle contribuzioni versate prima del 1996, si ridurranno sensibilmente, a causa delle ridotte aliquote di rendimento. Di conseguenza, le rendite pensionistiche saranno notevolmente ridotte.

Alfredo Magnifico