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Inizia il terzo mese di guerra e le parti in conflitto non mostrano alcuna intenzione di sedersi ad un tavolo per trattare, anche se ormai è evidente che la prospettiva di una vittoria totale sia assolutamente da escludersi per entrambi e che una soluzione negoziata sia la conclusione ineluttabile. Il problema, come abbiamo visto, è che la situazione militare è tale da richiedere l’esito di un’altra battaglia per convincere i contendenti a trarre le loro conclusioni prima di cominciare – obtorto collo – a parlarsi.

L’invasione lampo da parte della Russia è fallita, ma Putin sa di mantenere un solido vantaggio militare ed intende sfruttarlo fino in fondo per cercare di trasformarlo in un vantaggio diplomatico; Zelensky è consapevole di non avere la forza di respingere da solo i russi fuori dal suo Paese, ma spera di conseguire un altro successo difensivo che gli consenta di ripristinare le linee prebelliche prima di cominciare a discutere.

In vista di quello che quindi sarà il prossimo scontro sul campo, abbiamo esaminato le opzioni militari a disposizione di Putin e le loro rispettive possibilità di riuscita. Quello che vorrei fare oggi è esaminare la capacità da parte ucraina di fronteggiare le opzioni del suo avversario.

Come abbiamo visto, l’esercito russo non è messo molto bene sul terreno: ha iniziato le operazioni con una pianificazione operativa basata su un presupposto totalmente sbagliato (quello che gli ucraini non avrebbero offerto una resistenza organizzata coerente), e in conseguenza di ciò pur essendo l’attaccante ha subito una sorpresa tattica che ha condotto alla sconfitta nella battaglia iniziale. Come risultato di tale sconfitta ha subito perdite valutate complessivamente fra il 20 e il 25% della sua capacità operativa, che ha modo di riassorbire esclusivamente raggruppando le sue unità in quanto non dispone delle riserve necessarie a compensare le perdite; infine è costretto a cambiare la gravitazione iniziale, riorientando forze e linee di rifornimento per conseguire obiettivi diversi da quelli inizialmente stabiliti… Il tutto impiegando soldati stanchi e demoralizzati.

L’esercito ucraino però non è messo molto meglio.

Già da principio, poteva contare su equipaggiamenti meno avanzati e molto meno numerosi; disponeva di personale quasi esclusivamente di leva, e quindi complessivamente di una capacità operativa talmente inferiore da lasciar supporre ai russi la possibilità di una guerra lampo. Gli aiuti occidentali ricevuti prima dell’inizio dei combattimenti erano in larga parte limitati ad informazioni e addestramento, più un largo quantitativo di “armi difensive”, consistenti quasi esclusivamente in quei missili controcarri “Javelin” che in effetti hanno fatto la differenza sul campo.

Non ci è dato di sapere esattamente il tasso di perdite subito dalle forze di Kyiv perché si tratta di un dato ovviamente classificato e chi lo conosce con esattezza (la NATO) non lo rende pubblico in quanto probabilmente gli stessi russi non ne sono del tutto al corrente e tale informazione potrebbe tornare loro utile. Però possiamo facilmente immaginare che tali perdite siano state pesanti. Pesantissimi sono chiaramente i danni alle infrastrutture civili: strade, ferrovie, aeroporti, ripetitori, depositi sono stati distrutti in tutto il Paese, e questo chiaramente ha un serio impatto anche sulla capacità operativa dell’esercito.

Preferirei non sbilanciarmi troppo non conoscendo i dati numerici, ma diciamo che le perdite complessive degli ucraini si avvicinino a loro volta al 20% della loro capacità operativa.

Questo però non significa affatto che lo stato degli opposti schieramenti sia simile.

Chi attacca ha la necessità di disporre di una larga superiorità su chi si difende: come minimo di tre a uno, e di solito per vincere si cerca di avere un vantaggio maggiore. Non solo, ma oltre al margine quantitativo sull’avversario, occorre disporre anche di un maggiore stato di “salute” interno alle proprie forze; per intenderci: secondo la dottrina militare occidentale, con perdite superiori al 20% della propria capacità operativa non si può più attaccare (pena una grave sconfitta), mentre ci si può ancora difendere con perdite fino al 50%. Questo implica che alla fine della battaglia precedente, sebbene non fossero in grado di contrattaccare, gli ucraini fossero ancora in condizioni di difendersi benissimo mentre i russi non erano più in condizione di attaccare: per questo la battaglia si è conclusa.

L’esercito ucraino è in gran parte composto da fanteria leggera: ideale per difendersi all’interno di centri abitati contro un esercito pesantemente dotato di mezzi corazzati. Gran parte delle perdite ucraine sono state quindi in termini di vite umane: soldati feriti o uccisi in combattimento. Per quanto questo sembri orrendo a dirsi, è più facile per gli ucraini rimpiazzare i propri soldati che non per i russi rimpiazzare i propri cari armati. Questo in quanto gli ucraini si difendono sul proprio territorio, hanno un esercito di leva e i volontari a disposizione sono più numerosi dell’equipaggiamento disponibile per armarli.

I russi al contrario hanno un esercito misto, dove i professionisti per essere rimpiazzati richiedono anni di addestramento, e il personale di leva è scarso, distante e demotivato.

Gli ucraini hanno anche subito proporzionalmente molte meno perdite in termini di equipaggiamento pesante. Hanno usato poco i loro (pochi) carri armati perché la stagione finora non ne consentiva l’impiego ottimale in aperta campagna a causa del fango, e la difesa negli abitati non ne richiede l’impiego; di contro i russi li hanno impiegati ugualmente nelle strade cittadine, e abbiamo visto con quali risultati.

Le artiglierie sono un’arma vincente contro obiettivi fissi, quali le città e le fortificazioni di chi si difende: i russi le impiegano a massa con effetti devastanti, e finora hanno subito poche perdite in questo campo a causa del loro scarso impiego da parte ucraina: i russi erano in movimento ed erano difficili da colpire. Inoltre le artiglierie si colpiscono al meglio con l’aeronautica, e gli ucraini hanno risparmiato i loro pochi velivoli per non esporli a quelli ben più numerosi dei russi, che infatti ne hanno perduti molti principalmente a causa della contraerea.

Ora però la battaglia sarà più statica, lungo un fronte più ristretto, e i duelli fra le opposte artiglierie diventeranno una norma; l’Occidente sta fornendo obici a lungo raggio e soprattutto radar controfuoco agli ucraini. La battaglia vedrà i russi sparare alle fortificazioni ucraine, e gli ucraini rispondere sparando alle artiglierie russe: vedremo molte più perdite fra gli artiglieri di entrambe le parti.

Infine una considerazione sul terreno: data la conformazione pianeggiante del loro Paese e quella ad arco del fronte, gli ucraini manovrano “per linee interne”: cioè dispongono del loro potenziale al centro dell’area interessata, e il fronte è tutto intorno a loro; questo significa che per spostarsi da un punto all’altro del fronte stesso devono percorrere distanze molto inferiori rispetto ai russi, il che semplifica anche i loro rifornimenti a dispetto dei danni subiti dalle infrastrutture.

Insomma: esistono tutta una serie di fattori che avvantaggiano una volta di più i difensori rispetto agli attaccanti. Andrò più nel dettaglio nei prossimi post, ma la sostanza del discorso è che a dispetto del suo forte vantaggio, non è affatto detto che l’orso Vladimiro riesca a vincere – neppure parzialmente – la battaglia del Donbass.