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Silicani Giuseppe nacque in Carrara il 29 settembre 1881, da Eugenio e da Antonia Danesi.[1] Il 24 giugno 1901, chiamato alla visita di leva per la sua classe, venne dichiarato abile con numero di matricola: 5964 e poiché iscritto nella 3a Categoria fu inviato in congedo illimitato.[2] Dalla lettura dello stato di servizio apprendiamo che era alto 1,70½, con capelli neri pettinati lisci, di sana costituzione, con un colorito roseo e occhi grigi. Era anche istruito perché sapeva leggere e scrivere.  Il mestiere dichiarato a quel tempo era quello del “lizzatore”,[3] nella locale industria del marmo. Era questo uno dei più duri e pericolosi mestieri che si potevano fare nelle cave di marmo: richiede forza, prontezza di riflessi e calma di nervi. Come quasi tutti in quelle zone, in quella epoca, martellò il marmo; come pochi di quelle terre non si interessava di politica; ebbe un culto religioso per la Mamma e la Famiglia, aveva una sola sorella, e per toglierle, dai disagi della vita emigrò, giovanissimo in a San Nicolas in Argentina, raggiungendo lo zio paterno Augusto Silicani, colà emigrato in precedenza, trovandovi il benessere e una relativa agiatezza.[4]

Dopo l’entrata in guerra dell’Italia, avvenuta il 24 maggio 1915, venne richiamato il 7 febbraio 1916. Naturalmente, essendo all’estero, la notizia gli pervenne in ritardo e di conseguenza, il 12 febbraio fu dichiarato disertore per non essersi presentato.

Non appena apprese questa notizia, il Silicani lasciò il Sud America e ritornò in Italia, dove arrivò ai primi di novembre. Sorprese la Mamma con il suo inaspettato ritorno, le terse il pianto, e quasi che il tempo gli fuggisse, il 15 novembre si presentò al Presidio Militare di Massa. Sul foglio matricolare venne aggiunta la nota “Presentatosi con giustificato ritardo”. Peraltro, il fatto che lui si fosse presentato al richiamo era un avvenimento del tutto eccezionale e ancor più singolare, per lui che sarebbe stato destinato alla Milizia Territoriale e quindi in terza linea, fu la sua immediata richiesta d’essere assegnato ad un reparto combattente.[5]

A far data dal 20 novembre 1916, assegnato al deposito del 84° Reggimento Fanteria Brigata Venezia in Firenze, per ricevere l’addestramento di base. L’8 febbraio 1917, venne promosso Caporale. Completato l’addestramento nel nuovo grado, venne trasferito quale complemento al 69° Reggimento Fanteria Brigata Ancona che, in quei primi mesi dell’anno, operava nella zona del Pasubio. Silicani la raggiunge quando i due Reggimenti, il 69°, alla cui 1a Compagnia era stato assegnato, e il 70° erano impegnati in una dura lotta di posizione nell’aspro ambiente montano invernale. Durante questo periodo di relativa tranquillità Silicani dette sicuramente già prova delle sue capacità, del suo spirito di iniziativa e di dedizione al servizio.

L’Ancona si fermò sul fronte trentino fino al 26 maggio quando fu richiamata con urgenza a colmare i vuoti createsi nei reparti che stavano combattendo sul fronte del Carso la sanguinosa Decima Battaglia dell’Isonzo, nella quale l’esercito italiano aveva impegnato tutte le forze con l’obiettivo di sfondare la linea austro-ungarica e arrivare fino a Trieste. Il reggimento di Silicani venne impegnato nel tentativo di mantenere le posizioni acquisite durante l’attacco alla famigerata “linea Flondar”, a ridosso della risorgiva del Timavo, presupposto indispensabile per la conquista dell’Hermada. Gli assalti contro le posizioni ad est di Flondar, benché ripetuti con accanimento e gravi perdite, non ottennero risultati.[6]

Il battesimo del Carso, per Silicani, fu certamente duro ma, per lui, forse anche esaltante; gli riusciva di mantenere la promessa formulata con cuore tenace, all’atto del rientro in Patria: essere italiano! Chiese di entrare a far parte del Battaglione “Arditi”, reparti scelti di volontari che si stavano formando proprio in quei giorni e, visti gli ottimi precedenti, la sua domanda fu accolta. A fine agosto, con il termine dell’inutile offensiva, Silicani, con la sua Brigata, tornò sulla linea del fuoco del complesso trincerato del Fajti.[7]

Il 24 ottobre 1917, iniziò la grande offensiva austro-tedesca che portò alla rottura del fronte a Caporetto. Il Caporale Silicani, dal posto avanzato che gli era stato assegnato come osservatore per le armi pesanti reggimentali, svolse il suo rischioso servizio con mirabile sangue freddo difendendo la posizione e infondendo coraggio agli uomini del suo plotone con l’incitamento a resistere nonostante fossero sottoposti al violento, incessante, tiro d’artiglieria che avevano raso al suolo i fragili ricoveri e aveva ucciso o ferito buona parte degli uomini.

In quella grave situazione Silicani si dedicò all’osservazione tenendo informato il Comando di Battaglione sull’evolversi della situazione.[8]

Silicani riporta gravi ferite per le numerose schegge di granata, scoppiatagli a pochi metri di distanza, che lo avevano attinto al tronco e agli arti inferiori in seguito alle quali, alle 13 circa del 26 ottobre 1917, cadeva morente gloriosamente combattendo.[9] Aveva 36 anni. Sepolto inizialmente nel cimitero provvisorio sul Dosso Faiti, quando, in seguito, venne costruito il Sacrario di Redipuglia, come tutte le salme dei militari tumulate in quella zona fu esumato e traslato. Nel loculo n. 38432 figura il nominativo di “Silicani”.[10]

Alla memoria del Caporale Giuseppe Silicani, esempio mirabile di grande amor di Patria e di alto senso del dovere, fu conferita la Medaglia d’Oro al Valor Militare con la seguente illuminante motivazione:

 

«Volontario di guerra, già distintosi per fulgido valore in numerosi fatti d’arme, col reparto arditi del Battaglione, durante quattro giorni di azione, offertosi per comandare un posto avanzato, importantissimo punto dì osservazione violentemente battuto dall’artiglieria nemica, rese preziosissimo servizio di informazioni, rimanendovi saldo anche dopo avere avuto il riparo completamente sconvolto dai tiri avversari.

Mortalmente ferito, con l’addome squarciato da una scheggia di granata, si interessava ancora del buon andamento del servizio, incitando ed incuorando i compagni.

Agonizzante, chiedeva di essere informato sull’andamento dell’azione, rallegrandosi nell’apprendere che l’attacco nemico era stato respinto e spirava dichiarandosi felice di dare la vita per la Patria e per il Re. Dosso Faiti, 23-26 ottobre 1917».[11]

 

Nel cimitero monumentale di Marcognano, sito in Torano, frazione del comune di Carrara, lo ricorda una lapide posta dalla famiglia. Nel paese natio, a suo nome è dedicata una via e nell’Istituto d’Arte Artemisia Gentileschi è stata collocata una lapide che ricorda che lì sorgeva la casa natale del Decorato.[12]

Giuseppe Silicani è l’unico militare carrarese ad essere stato decorato con la Medaglia d’Oro al Valor Militare nella 1a Guerra Mondiale.[13]

 

Vincenzo Gaglione

 

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[1] Registrato all’Anagrafe con i nomi: Giuseppe, Francesco, Giovanni Augusto e Angelo. Estratto per riassunto del Registro degli atti di nascita dell’anno 1881, n. 1046, P. I, in data 19 luglio 1939 del Comune di Carrara (Apuania). Archivio Storico del Gruppo delle Medaglie d’Oro al Valor Militare d’Italia. È stata rilevata una indicazione “Sillicani” nella motivazione della Medaglia d’Oro, tale indicazione non trova riscontri negli atti anagrafici e nello stato di servizio [n.d.r.].

[2] Questo lo esonerava dal prestare il servizio militare. Significava, in concreto, che veniva inserito nella riserva di coloro giudicati idonei al servizio militare, ma non chiamati a farlo per eccesso di giovani o per ragionevoli motivi di giustificazione (sostegno alla famiglia, studi, ecc.) [n.d.r.].

[3] Cavatore del marmo addetto alla lizzatura dei blocchi: la lizzatura è metodo con cui, dall’epoca egizia fino agli anni sessanta del ‘900, si trasportavano dalla cava fino a valle i blocchi di marmo riquadrati. Il termine lizzatura deriva dalla slitta su cui i blocchi, legati in maniera particolare, venivano fatti scivolare su travi lignee lungo le vie che dal piazzale di carico in cava portavano fino al piazzale di scarico a valle. Tali strade si chiamavano vie di lizza. I lizzatori, pertanto, per natura e per deformazione professionale, erano uomini rudi, possenti e forti, abituati a confrontarsi quotidianamente con il pericolo.

[4] Archivio Storico del Gruppo delle Medaglie d’Oro al Valor Militare d’Italia.

[5] Per questo, nella motivazione della decorazione, fu dichiarato “Volontario”.

[6] La Brigata perse, in queste azioni, circa 3.000 uomini dei quali 92 ufficiali.

[7] Gaetano Carolei, Guido Greganti, Giuseppe Modica, Le Medaglie d’Oro al Valore Militare 1917, (a cura di), in Gruppo Medaglie d’Oro al Valore Militare d’Italia, Tipografia Regionale, 1968, Roma, p. 172.

[8] Massimo Coltrinari e Giancarlo Ramaccia, 1917. L’anno terribile: Dalla Bainsizza alla sorpresa strategica di Caporetto, Edizioni Nuova Cultura, 2018, Roma, p. 189.

[9] Come nell’Estratto dell’atto di morte riportato nel Registro del Comando del 69° Reggimento Fanteria a pag. 69, n. d’ordine 1138 in data 12 novembre 1917.  Estratto del Comune di Carrara dell’anno 1923, n. 6, p. II, Serie C. Archivio Storico del Gruppo delle Medaglie d’Oro al Valor Militare d’Italia.

[10] Si tratta di un loculo alla memoria, dove non vi sono i resti del caduto. Infatti, al momento delle esumazioni, molti resti tra i quali anche il suo, non furono identificati per carenza di elementi idonei ad un riconoscimento certo, e vennero collocati fra quelli degli “Ignoti”.

[11] Decreto Luogotenenziale 29 maggio 1919, B.U. 24 maggio 1919, Dispensa 33a, 39° Elenco, pag. 2385. https://www.quirinale.it/onorificenze/insigniti/12554

[12] Nella Via Verdi, che ai suoi tempi, era chiamata semplicemente lo “Stradon” (Stradone). https://www.diaritoscani.it/2022/03/15/da-disertore-a-medaglia-doro-il-carrarese-giuseppe-silicani-nella-prima-guerra-mondiale/

[13] Barone Errardo di Aichelburg (Colonnello dei Bersaglieri), Medaglie d’Oro, Volume Secondo -Toscana e Lazio- 1923, Bergamo, pp. XXV e 226. Anche in questo testo si rinviene l’indicazione “Sillicani”.