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Al Consiglio oleicolo internazionale si decidono le regole del gioco.

E’ al Consiglio oleicolo internazionale che si deciderà se il limite degli steroli per gli oli extra vergini di oliva di Coratina e Nocellara del Belice potrà essere abbassato.

E’ al Consiglio oleicolo internazionale che si decide se depotenziare il panel test.

E’ al Consiglio oleicolo internazionale che si decide se perseguire la strada della qualità o quella dell’olio commodity.

E’ al Coi che si fa mercato attraverso accordi promozionali e istituzionali.

Scelte che spettano al Consiglio dei Paesi membri ma su cui il segretariato esecutivo, guidato da un direttore esecutivo, ha un peso determinante.

Oggi il favorito per tale posizione è lo spagnolo Jamie Lillo, attuale direttore aggiunto del Coi.

Su questo personaggio, che ha sempre manifestato la sua ostilità verso i valori oleari italiani, pendono accuse di mobbing depositate all’Administrative Tribunal of the International Labour Organization e al Tribunale di Madrid. Le accuse in sé sono molto gravi ma ancora più grave è il palese disprezzo, come emerge dagli incartamenti, che Jamie Lillo manifesta nei confronti di chi non la pensa come lui o ostacola i suoi piani.

Il direttore aggiunto è il paladino dell’asse iberico-tunisino e di interessi anche foschi, di triangolazioni di oli, di una visione dell’olio di oliva che sotto l’apparenza della qualità e dell’ecosostenibilità nasconde la voglia di affermare che l’olio è tutto uguale, tutto buono, tutto extra vergine.

Jamie Lillo è coccolato e protetto in Spagna da Antonio Luque, presidente di Dcoop, e da un sistema cooperativo votato ai numeri, al fatturato e a creare assi di potere per espellere dai mercati l’olio che non è arabo o spagnolo.

Jamie Lillo è coccolato e protetto dall’attuale direttore esecutivo del Coi, il tunisino Abdellatif Ghedira perché è il prosecutore ideale di una politica arabo-centrica. Sotto la guida di Ghedira l’export di olio di oliva tunisino, ma anche turco, è esploso. Un trend che deve continuare e Jamie Lillo ne è il garante. E’ questa la ragione per cui il direttore esecutivo ha affermato, contro ogni convenzione internazionale, che Jamie Lillo ha l’immunità diplomatica permettendogli di scansare, al momento, il processo per mobbing.

Jamie Lillo, però, è soprattutto un personaggio che, con atti politici, ha dimostrato il suo disprezzo per l’Italia. Ha lui la delega alla promozione e alla ricerca.

Negli otto anni al Coi ha avuto modo di siglare protocolli d’intesa tra il Coi e quasi tutte le Università spagnole. Mai con un’Università italiana.

E’ stato creato un portale sul binomio olio e salute sotto l’egida del Coi in cui non è coinvolto alcun centro di ricerca italiano.

Il Coi riconosce quasi tutte le banche di germoplasma internazionali, l’ultima in Argentina, ma mai ha riconosciuto gli innumerevoli centri presenti in Italia.

Il Coi non ha chiamato, per convegni o iniziative promozionali, esperti italiani. Il dominio spagnolo è pressochè assoluto.

Il Coi ha siglato un accordo promozionale con l’American Culinary Institute garantendo cospicui fondi che, guarda un po’, sono serviti all’associazione americana per aprire una sede a Barcellona. E guardate quali oli l’American Culinary Institute promoziona sul proprio sito e nei propri eventi.

Si potrebbe continuare a lungo.

Jamie Lillo è palesemente fazioso, di parte, assoggettato a interessi antitetici rispetto a quelli italiani. Ha dimostrato, con strafottenza e arroganza (ben palesata anche negli atteggiamenti che gli stanno costando le accuse di mobbing), di poter fare a meno dell’Italia. E lo farà nel caso venisse nominato direttore esecutivo del Coi.

E’ chiaro che con Jamie Lillo al Coi il declino olivicolo dell’Italia sarà quantomeno accelerato.

Un colpo di grazia? Forse.

E’ questo che il governo Meloni e il ministro Francesco Lollobrigida intendono per sovranità alimentare?

Alberto Grimelli

Direttore Teatro Naturale